lunedì, ottobre 13, 2014

Hemingway, scrittore decadente?

Quando mi sono accorto che il nostro atteggiamento prudente di questo mese svoltava verso la decadenza, un occhio oltre oceano, lo devo confessare, l’ho buttato. Il punto interrogativo che di conseguenza è rimbalzato tra i miei neuroni, come una piccola pallina da ping pong, l’ho posto dopo la frase quale scrittore americano, potesse rientrare in questa definizione.
Chiaramente non esistono esponenti americani ascrivibili alla corrente degli scrittori decadenti tout court. All’epoca di Baudelaire e Verlaine, altro impegnava artisti in generale e scrittori in particolare, negli States.
Pur vera la prima, mi sono mosso però verso una seconda affermazione. Utile alla ricerca di questo mese (la portata dell’utilità, in questo caso, è inversamente proporzionale all’appeal che ne deriva) è stato il ritorno a galla del ricordo delle lezioni della mia vecchia professoressa di lettere del liceo, la quale, mi pare di ricordare, pronunciò al riguardo una frase che poteva suonare più o meno così: l’assunto decadente varca i confini del genere letterario, per andare ad abbracciare un modo di pensare, di sentire. Anche se il termine decadenza, vive già di vita propria, il movimento artistico dell’Europa che scavalca il nuovo secolo, lo carica di colori più accesi, di suoni più vividi.
Con chi allora, vagando coast to coast, ho trovato questo modo di pensare? Una vocina in fondo alla testa, continua a suggerirmi il nome di Ernest Hemingway. La parola scritta di Hemingway rientra però nell’esasperata esaltazione dell’individuo, nella critica alla società sua contemporanea? Possiamo rintracciare in lui un tormentoso senso di solitudine e una riscoperta della vita interiore?

Nel suo romanzo Across the River, in cui la trama presenta le intricate vicende di un colonnello americano, il quale alla fine della fiera ci lascia le penne, è da leggersi secondo me sotto un altro punto di vista. E’ la storia di un uomo che non fa altro che morire, in tutte le pagine del libro. Si sente quasi il rumore del suo disgregarsi verso la tomba ogni volta che apre bocca, ogni volta che muove un muscolo. Quando ho avuto modo di leggerlo, mi ha vinto la medesima strana sensazione di quando mi accorsi dei tre doni (oro-incenso-mirra) che altrettanti importanti personaggi di un tempo portarono a un pargoletto appena venuto al mondo.
Con Il vecchio e il mare, possiamo sicuramente parlare di un classico ritratto decadente. Raccontando del vecchio Santiago, della sua barca, della sua umile abitazione, è come se Hemingway volesse tracciare un ritratto in bianco e nero – a china se volete – giocando con le ombre della solitudine, della durezza della vita e dello scontro con le forze naturali.
In Addio alle armi, anche all'apice del suo raccontare, nel momento in cui si rivelano i sentimenti dei due protagonisti, la pioggia non abbandona mai il dispiegarsi delle loro emozioni, inquadrando la scena nella desolazione di un mondo grigio e acquoso.
Attraverso la sua prosa, asciutta e incalzante, per quel che ho potuto constatare nelle mie letture, Hemingway riesce a filtrare molti dei temi decadenti, tanto da sconfinare in una ricerca spasmodica della realtà, e diventare quindi così caro al neorealismo italiano. Attraverso invece la sua stessa vita, penso ad esempio all’esperienza della guerra, della caccia e della corrida, riesce nell’intento di creare una sorta di mito di se stesso, avvicinandolo così al nostro D’Annunzio e alla versione italiana del sentire decadente. Fino ad arrivare poi al culmine della sua vita e del suo mal di vivere, a cui pone fine concentrando tutto il coraggio rimasto in un grilletto.

Alberto Moravia (scusate la digressione, ma quando mi sento in dubbio, rivolgo sempre la mia attenzione ai grandi maestri) spesso gli attribuisce uno stile decadente, ma i suoi rifermenti assumono perlopiù giudizi negativi: tende a sottolineare con maggior rilievo l’accezione negativa del termine. Parlando ad esempio di Per chi suona la campana, arriva a dire che il decadentismo e la mancanza di idee dello scrittore americano, si rivelano spesso in episodi e in personaggi del tutto convenzionali (L'uomo come fine, Alberto Moravia).
Al netto di tutta questa mia istantanea ricerca, credo che le parole di un suo amico, nonché padre della nostra cultura, possano chiudere il cerchio. Elio Vittorino scriveva: La decadenza [...] ha ancora oggi un compito rivoluzionario rispetto alle condizioni culturali terribilmente arretrate [...]. Hemingway può essere un uomo della decadenza, e allo stesso tempo essere, come io trovo che sia, scrittore rivoluzionario. (Rivista Politecnico, Settembre-Dicembre, 1946. Pp. 53-54.)

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