“Allora lasciatemi dire: sono un
tipo”
Così si definisce il
protagonista dello splendido racconto “Le notti bianche” di Fedor
Dostoevskij. Non ho potuto fare a meno di pensare a lui quando ho
ripensato al tema del sogno. Il caro ragazzo, il cui nome è
celato, è un sognatore per eccellenza.
Uno di quegli uomini strani che vivono
in dei cantucci bui e inaccessibili dove ricreano un altro mondo,
fatto di immagini e proiezioni, perdendo l'idea di tempo e spazio. La
loro vita scorre senza ritmi o scadenze: da un momento all'altro si
ritrovano con un anno in più alle spalle senza sapere come sia
successo né quando, e senza combattere, continuano a guardare
scorrere la clessidra con disinteresse.
Il sognatore, se occorre una
definizione precisa, non è un vero uomo ma è un essere
neutro. Sogna fino alla nausea, dimenticando i soggetti e i volti,
stancandosi sino a perdere la fantasia.
Il protagonista di Dostoevskij è
specchio del sognatore schilleriano ma la sua condizione è
ormai compromessa: ha perso la felicità che gli stessi ideali
gli procurano e non ritrova piacere nell'essere solo e unico nel
mondo, il suo rifugio è ormai un antro oscuro, un luogo perso
e dimenticato. Sembra quasi che non vi sia possibilità di
redimersi. Ma in una notte (classico scenario per tali uomini)
incontra una donna che smuove il suo animo ricoperto di ragnatele e
risveglia la sua visione della realtà. Nasten'ka lo rende
allegro, triste, vivo, innamorato. Ma la ragazza ha donato il suo
cuore ad un altro uomo che aspetta da quasi un anno.
Nonostante il ragazzo speri che tale
gentiluomo non torni e confessa il suo amore alla dama, il suo sogno
reale di una vita diversa e felice è infranto dalla
riconcigliazione degli amanti. Uno spiraglio di luce che subito è
inghiottito dall'ombra.
Fedor Dostoevskij ci mostra il regno
delle illusioni come metafora del male e ci svela la tragicità
del destino umano.
Per quanto la sua narrativa non sia
apprezzata propriamente da moltissimi, è uno dei pochi in
grado di lasciare che il suo personaggio si delinei da solo e a
rendere perfettamente il rapporto con il proprio Io. Il sognatore,
per spiegare la sua condizione alla giovane amica, utilizza una sorta
di monologo in terza persona, ricreando l'atmosfera di un romanzo che
ha del patetico.
Nessuno vuole vivere con un sognatore,
nessuno vuole parlare con un pazzo tale da essere spaventato dai suoi
interlocutori. Eppure il suo animo è così nobile,
sincero, limpido simile all'idea di “bell'anima” schilleriana, un
uomo che grazie al suo spirito può realizzare la nuova utopia
estetica. L'autore è un grande estimatore del tedesco, il
quale crede che con un'educazione estetica si possa sviluppare
nell'individuo tutte le virtù donategli dalla natura.
L'amore è l'unico sentimento in
grado di rompere la rete di immagini creata nella mente del
protagonista. Ma anche questo ha i suoi risvolti negativi propri
della realtà in cui si è soliti vivere.
Purtroppo il nostro giovane è
inesperto della quotidianità e così si ritrova dinanzi
alla sofferenza senza saper bene come reagire.
Guarda nel vuoto, piange, si dispera
come se fosse tutto nuovo, come se provasse emozioni reali per la
prima volta.
Ovviamente la sua unica difesa sarà
quella di ritornare a rifugiarsi nei suoi sogni, allo stesso tempo
incubi, ora che confessa di aver perso la capacità di creare
nuovi soggetti. Perché col passare degli anni tutto è
uguale a se stesso, in un ciclo che sembra non finire mai.
L'epigolo non è inaspettato, ma
è patetico: il sognatore ricadrà nel suo limbo,
perdendo la sua unicità e sprecando la vita a guardare nel
vuoto della sua stanza.
La cruda vendetta del destino non
lascia scampo quasi a voler ammonirci a non perdere gli attimi della
nostra breve esistenza, a non lasciarci sopraffare dalla paura di
vivere.
Sognare è giusto, combattere per
degli obiettivi è più che lecito, ma aspettare qualcosa
che mai arriverà in silenzio, in un piccolo antro, immaginando
ciò che vorremmo essere, è il più grande sbaglio
che potremmo commettere.
Per quanto l'idea di idealista
schilleriana sia affascinante, al giorno d'oggi, è quasi
impossibile da attuare. Al contrario i realisti sono più
consoni al nostro spirito: guardare la realtà e renderci
liberi delle nostre scelte. Questo è il vero sognare.
“...vedo come vive la gente in realtà, vedo che la vita per loro non è stata preordinata, che la loro vita non si spezzerà come un sogno, come una visione, che la loro vita si rinnova eternamente, sempre eternamente giovane, e nessun'ora somiglia all'altra, mentre la mia fantasia è triste, monotona fino alla volgarità, spaventata, schiava dell'ombra, del pensiero, schiava della prima nube che improvvisamente ottenebra il sole e ricolma di angoscia un autentico cuore pietroburghese...”
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Ore 00 - Dalle memorie di un sognatore.
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Oleh
Ilaria Amoruso