mercoledì, maggio 08, 2013

Ore 12 - L’insostenibile Innocenza della Natura

In una delle prime riunioni di “Prudence” promisi di aspettare qualche mese prima di proporre un articolo su uno dei miei poeti preferiti identificato(a torto, secondo me)come uno dei più pallosi, depressi e sfigati personaggi della letteratura italiana. A quattro mesi dalla nascita di questo blog, credo che sia arrivato il momento di annoiarvi a morte con il signor Giacomo Leopardi, detto Mino.

Potrei anche iniziare ad elencare ogni minimo particolare della vita di Mino, ma non vorrei farvi collassare immediatamente sulla tastiera, ergo, mi limiterò a parlarvi di una delle  operette morali, e , precisamente, del “dialogo della Natura e di un Islandese”.
 
Islandese
Sono un povero Islandese, che vo fuggendo la Natura; e fuggitala quasi tutto il tempo della mia vita per cento parti della terra, la fuggo adesso per questa.
Natura
Così fugge lo scoiattolo dal serpente a sonaglio, finché gli cade in gola da se medesimo. Io sono quella che tu fuggi.
Islandese
La Natura?
Natura
Non altri.
Islandese
Me ne dispiace fino all’anima; e tengo per fermo che maggior disavventura di questa non mi potesse sopraggiungere.



l’Islandese, come spiega alla Natura, ha cercato per tutta la sua vita il raggiungimento del piacere: resosi conto dell’impossibilità di raggiungerlo vivendo tra gli uomini,  ha cominciato a vivere in solitudine, ma, anche in questa maniera le pene e le sofferenze si manifestano sottoforma di malattie, inclemenza del tempo e altri inconvenienti che lo hanno portato alla conclusione che la Natura ha generato gli esseri umani per condannarli alla sofferenza.
La Natura risponde al proprio “figlio” con una calma disarmante che ella non gioisce né si duole delle vicende umane:
Natura
Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle fatture, negli ordini e nelle operazioni mie, trattone pochissime, sempre ebbi ed ho l’intenzione a tutt’altro che alla felicità degli uomini o all’infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n’avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.

L’innocenza, che è il tema di questo mese, è il comune denominatore di questi due enti antitetici: l’Islandese, portavoce di tutti gli uomini,  riconosce di vivere nella sofferenza nonostante la sua “innocenza”cercando di incolpare la Natura che non è più “Madre” ma “Matrigna”; d’altro canto, la Natura stessa è innocente e non si avvede della sofferenza dell’uomo e non può fare nulla per rimediarvi. In questo testo Leop … cioè, volevo dire, Mino ribalta tutto il proprio sistema e la propria filosofia, e pure le nostre convinzioni: tendenzialmente, anche quelli che “Leopardi proprio non lo digerisco” ammetteranno forse che non aveva tanto torto sul fatto che l’eterna ricerca della felicità dell’uomo si concluda sempre con un misero fallimento. Ogni desiderio, non appena soddisfatto ( ammesso che venga soddisfatto) lascia poi lo spazio ad un desiderio più grande, la felicità per l’uomo non è mai presente, ma solo un traguardo a cui tendere o un ricordo legato ad un passato irrecuperabile. L’uomo che si vede addossare tante e tali sofferenze si sente innocente, sa di non meritarle ( non tutte almeno) e cerca il colpevole, qualcuno a cui addossare la colpa. L’Islandese incolpa la Natura e cerca di evitarla, ma come spesso accade quando si cerca di evitare qualcuno, se la trova proprio davanti e scopre con orrore che non solo sconta una pena che non ha commesso, ma che il proprio carnefice non si cura di lui. L’uomo “innocente” soffre una pena inflitta da una Natura “innocente” che non si accorge di infliggerla. 


L’universo è retto da un ciclo di perpetua creazione e distruzione, come ella aggiunge subito dopo, e l’Islandese allora chiede: Ma poiché quel che è distrutto, patisce; e quel che distrugge, non gode, e a poco andare è distrutto medesimamente; dimmi quello che nessun filosofo mi sa dire: a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?

L’islandese fa la super mega domandona, quella che vorremmo sapere tutti, ma questa domanda non può trovare risposta: l’islandese, secondo la storia, viene sbranato da delle bestie feroci: il suo tempo è finito e da innocente muore per mano dell’innocente Natura.


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Oleh