sabato, maggio 04, 2013

Il PresentAutore - Intervista ad Alessandra Libutti


















Ho incontrato Thomas Jay per caso, su aNobii, tra i commenti positivi ed entusiasti di chi l'aveva letto prima di me. Mi sono detta "Perché non provare?". L'ho letto, e me ne sono innamorata. Come capirete dalla trama che vi riporto di seguito, Thomas Jay, rifiutato dalla madre, trascorre una vita intera in carcere dopo essere stato condannato all'ergastolo per un numero eccessivo di evasioni nell'arco di pochissimo tempo. La scrittura costituisce la sua unica ragione di vita, unica almeno sino al giorno in cui non incontra la dolce ma determinata Ailie, con la quale condividerà i giorni e, soprattutto, la Letteratura.

Vi riporto la trama del romanzo per permettervi di seguire meglio l'intervista all'autrice:

TRAMA: Thomas Jay è uno scrittore di culto. Dal chiuso di una cella racconta la sua incredibile storia ad Ailie, una studentessa impegnata in una tesi sulla sua opera. Dopo un'infanzia povera ma fantasiosa, accanto a una nonna rivoluzionaria e a una zia amorevole, Thomas Jay viene spedito in America. A dodici anni entra per la prima volta in riformatorio; trova il modo di scappare e si rifugia nella lavanderia di Max. Maestro silenzioso e discreto, Max accende nel ragazzo l'amore per la letteratura ma soprattutto lo incoraggia a scrivere. Anche il critico Samuel Atkins crede in lui e fa pubblicare il suo romanzo In the Dim, in the Light, destinato a diventare una pietra miliare della narrativa contemporanea. Carattere inquieto e ribelle, Thomas Jay trascorre l'intera giovinezza fuggendo da un riformatorio all'altro per approdare infine al carcere, quello vero, e all'ergastolo. Si salverà dalla disintegrazione fisica e morale soltanto grazie al proprio talento, alla forza di un grido poetico che valica le mura della prigione. "Chi lo incontra firma un contratto con l'eternità", dice il professor Atkins ad Ailie per metterla in guardia dal suo scrittore preferito. Ma Ailie si è innamorata di Thomas Jay prima ancora di conoscerlo e vuole raccogliere i suoi ricordi e l'ultimo, estremo desiderio d'amore.

ALESSANDRA LIBUTTI RISPONDE...


1) Buongiorno Alessandra, e benvenuta su Prudence! Innanzitutto, grazie per aver permesso alla Redazione di intervistarti e per aver messo una copia del tuo libro, Thomas Jay, a disposizione dei lettori di aNobii. Per rompere il ghiaccio, partiamo dalla “domanda inevitabile”: com’è nato il personaggio di Thomas Jay? Ti sei ispirata a fatti storici realmente accaduti? 

 Un giorno mi venne in mente un ragazzino, chiuso in una cella, che scrive un romanzo più grande di lui. E’ stato il punto di partenza che ha dato avvio ad un lungo viaggio. Non avevo idea che un giorno ne avrei fatto un romanzo, mi divertii a seguire il personaggio. Sono andata avanti per molto tempo, ispirandomi ai libri che leggevo in quel periodo o i film che guardavo. Da ciascuno prendevo in prestito o imparavo qualcosa. Da Genet e Truffaut presi in prestito il rapporto con il mentore. Solo che, nel caso del mio personaggio, il mentore non avrebbe rappresentato la salvezza. E’ intorno a questo fallimento che ho costruito il romanzo. Thomas Jay doveva perdere tutto ma trovare la forza di amare la vita; doveva essere Clive il paralitico che scala le montagne. 

 2) Il vero nome di Thomas Jay è Stefano Lorenzini e, nel corso della lettura, mi è sembrato che tu usassi i due nomi per descrivere due identità completamente diverse che convivono nella stessa persona. Una sorta di Dr Jekyll e Mr Hyde, insomma. E’ così? 

 Certamente. Esiste un io interiore, Thomas Jay, e un io esteriore, Stefano Lorenzini. La dicotomia tra le due identità è, a mio parere, quella di ciascun essere umano: tra ciò che vorremo essere e quello che siamo; tra quello che sentiamo e il modo in cui reagiamo; l’ideale a cui aspiriamo e la convivenza con il quotidiano tradimento di quell’ideale. Il romanzo, in sostanza, è il lungo percorso verso l’accettazione delle proprie incongruenze. 

 3) Ruolo preponderante è ricoperto, all’interno del romanzo, dal gioco degli scacchi. Ogni volta che Thomas Jay desidera conoscere meglio una persona, la sfida a scacchi. Al tempo stesso, muovere mentalmente le pedine su una scacchiera immaginaria è anche una forma di sopravvivenza nella solitudine del carcere, un modo per non impazzire che richiama da vicino la Novella degli scacchi di Zweig. Quale dei due significati hai voluto evidenziare nel tuo libro? E’ giusto vedere nel gioco degli scacchi quasi un “ulteriore personaggio” del romanzo?

 Per Thomas Jay gli scacchi rappresentano il rapporto con la vita e il necessario richiamo alla razionalità. Rappresentano anche il rapporto e la comprensione degli altri; un modo per avvicinarsi senza scoprirsi, per conoscere senza rivelare. Sono un’apertura e una chiusura al tempo stesso. L’apertura è il gioco utilizzato per comunicare e la chiusura è quel frapporre sempre, tra sé e l’interlocutore, una scacchiera, come un muro difensivo. Più che un personaggio a sé, gli scacchi sono un riflesso dell’universo del protagonista. 

 4) In questo romanzo si parla moltissimo di libri: quelli scritti dallo stesso Thomas Jay e i Grandi Classici che egli ha letto e interiorizzato. I libri hanno potere salvifico? La lettura e la scrittura possono salvare un’anima dall’orlo del baratro? 

 Il potere salvifico della letteratura è quello che induce alla riflessione sulla vita, sul dolore e sul significato della sofferenza, ma è anche la chiave d’accesso ad una libertà interiore in cui si fa largo il pensiero. La letteratura è l’eterna aspirazione al miglioramento, anche (e proprio) nella rappresentazione del male. Parla di uomini e di donne e - agli apici - sa creare archetipi in cui ciascuno di noi può identificarsi. E’ il carburante dell’anima. I romanzi ci mettono in contatto con quella parte di noi che raramente è raggiungibile nella vita quotidiana. La scrittura, d’altra parte, è spesso un grido lanciato al mondo; il celato desiderio di lasciare una traccia della propria esistenza, o semplicemente il tentativo di comunicare quella parte della nostra interiorità che pensiamo incomunicabile. Qualunque sia il baratro, accedere alla parte più misteriosa di noi stessi è spesso già di per sé cura. 

 5) Parlaci un po’ di Ailie! Com’è nato questo personaggio? Quale delle sue qualità è il suo più grande punto di forza? 

 All’inizio Ailie è nata in funzione esclusivamente narrativa: era l’”altro” che consentiva al protagonista di poter accedere a se stesso. Di stesura in stesura però il personaggio ha assunto una sua dimensione vera e propria, ha preso corpo e si è fatto largo nella storia. Ailie è una donna la cui forza maggiore sta nel saper contrastare le proprie insicurezze e la propria instabilità esistenziale. Ailie e Thomas Jay hanno molto in comune, ma anche qualcosa che li differenzia sostanzialmente: l’amore di Ailie è accompagnato da una pragmatica femminile che trae forza dalla tolleranza e dalla perseveranza. 

 6) L’intero romanzo è attraversato da un importante fil rouge: il senso di redenzione. Che cosa deve farsi perdonare Thomas Jay? Quanto di Dostoevskij c’è nell’idea della redenzione? 

 Nelle prime tre-quattro stesure del romanzo Thomas Jay non si redimeva, restava piuttosto arroccato nel suo astio verso la società e nel rifiuto a scendere a compromessi. Non importava quanto mi arrovellassi, restava un irriducibile. Poi un giorno, mi venne in mente di fargli riscrivere I fratelli Karamazov. Carousel, il romanzo in cui assolve Ivan, era il trionfo della logica ma anche un boomerang. Perché? Rispondere a quella domanda per Thomas Jay avrebbe rappresentato la chiave d’accesso verso il proprio incomprensibile peccato, e dunque verso la redenzione: Solo in questi anni mi sono reso conto che in questa società, che pure mi ha tanto maltrattato, non ci sarà mai posto per un individuo così intriso di rancore. Dostoevskij aveva avuto ragione nel condannare Ivan. 

 Eccoci giunti alla fine della nostra intervista! Prima di lasciarci, un’ultima domanda: hai qualche nuova idea nascosta nel cassetto? Ti rincontreremo presto in libreria? 

 Le idee non mancano, il tempo purtroppo sì. Prima o poi arriverò alla fine anche del nuovo progetto, ma con molta calma. 

 Grazie mille per la grande disponibilità con la quale hai accettato di rispondere alle nostre domande e di esaudire le nostre curiosità sul romanzo. In bocca al lupo per la tua carriera e per il proseguimento del tuo percorso creativo!

E voi, avete domande per Alessandra? Qualcuno di voi ha già letto il romanzo o ha intenzione di leggerlo? 

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Oleh