mercoledì, settembre 25, 2013

Ore 00 - Harmony Korine e la fine del sogno disneyiano


Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Ashley Benson. A che cosa pensate, quando leggete questi nomi? Alla Disney, naturalmente, e ai film e alle serie TV che ci ha propinato negli ultimi anni, da I maghi di Waverly a High School Musical. Zuccherose, a tratti divertenti e politicamente corrette, queste pellicole ci hanno tenuto compagnia anche quando eravamo fin troppo cresciuti per approfittarne e hanno impresso nella nostra memoria i volti delle loro attrici protagoniste. Ed è proprio su questo che Harmony Korine, giovane regista indipendente, fa affidamento nel processo di ideazione del film Spring Breakers (2012): sicuro delle nostre sicurezze (passatemi il gioco di parole), scaglia le tenere protagoniste dell'universo disneyiano in un genere completamente diverso di cinema. Geniale nella sua genuinità, Korine non elimina le atmosfere e le sfumature tipiche delle pellicole Disney: piuttosto, le utilizza per rivestire di colori e luci un mondo marcio in modo tale che lo spettatore, immobile nella sua poltroncina coi popcorn a mezz'aria, si senta confuso e sconvolto. Cosa è bene? Cosa è male? Possono davvero essere così crudeli, quei volti d'angelo nascosti dal passamontagna rosa? E' tutto così bello, così colorato, così disneyiano. Eppure marcio.


Questo film, o lo si ama o lo si odia. Non esistono vie di mezzo. Il rischio più grande nel quale il regista è incorso girando Spring Breakers è quello della sottovalutazione. Sono certa che la maggior parte degli spettatori, a fine proiezione, abbia pensato "Che boiata!" ed è proprio vero, è una boiata. Una boiata intelligente, però. Spring Breakers, infatti, è molte cose contemporaneamente: un inno dissacrante alla giovinezza, il canto del cigno di un uomo che ha fondato sul denaro la sua vita (splendida l'interpretazione di James Franco), la storia di una vera e propria "religione della violenza". Tutto questo si cela dietro i colori, le luci, le attrici che hanno fatto il successo della televisione disneyiana, in un turbine confuso in cui le incertezze dello spettatore diventano un tutt'uno con quelle dei personaggi, con il loro progressivo corrompersi, degradarsi. Consumarsi (eppure erano così giovani...). Si tratta, in fin dei conti, di un romanzo di formazione: ciò che cambia è solamente il modello educativo. E questa, a mio parere, è la denuncia più sottile e geniale che il cinema abbia conosciuto negli ultimi anni. Chapeau.

Non voglio tediarvi con la trama del film perché non voglio rovinarvi la visione, quindi...vedetelo. Vi lascio con una scena del film che, a mio parere, evidenzia in modo magistrale l'intento ossimorico del regista: la dolcezza di una famosissima canzone pop (Everytime di Britney Spears) e la violenza delle scene. La terribile separazione tra ciò che lo spettatore sente e ciò che vede. L'ossimoro che incarna il crollo del sogno disneyiano.


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4/ 5
Oleh