Federico Faruffini - La Lettrice
“Finalmente avrebbe posseduto
quelle famose gioie che dà l’amore, quella febbre di felicità che non sperava
più di provare. Stava per entrare in quel mondo meraviglioso ove tutto è
passione, estasi, delizia. [..]
Rammentò le eroine dei libri che
aveva letto e la lirica legione di quelle donne infedeli che Emma sentiva
sorelle, fece coro nella sua memoria con voci che la incantavano. Divenne ella
stessa parte integrante di queste invenzioni. Vedeva avverarsi il lungo sogno della
sua giovinezza, e si immedesimava in quel ruolo di donna passionale che aveva
tanto desiderato.”
(Madame Bovary - Gustave Flaubert )
Emma Bovary ha un marito che la ama, una figlia
deliziosa e uno status sociale dignitoso; eppure non è soddisfatta. È sempre
alla ricerca di qualcosa di più. Emma Bovary, anti eroina flaubertiana, vuole
essere l’eroina di un libro di avventura, la protagonista di avventure mai
viste ed eccitanti, vuole una vita piena di passione, ma è condannata dal suo
creatore a vivere una esistenza mediocre, borghese che ella arriva ad odiare.
La sua vita è la ricerca di un ideale di felicità
che passa attraverso le strade del tradimento e della truffa. Ogni cosa che la
protagonista tocca si trasforma in fango, si distrugge, e alla fine ella stessa
giungerà all’autodistruzione.
Viene da chiedersi il perché di questo eterno
scontento. La risposta è solo una: Emma Bovary è una lettrice.
Rifiuta l’amore calmo e pacato di suo marito
perché è alla ricerca di qualcosa di più grande, qualcosa di epico, qualcosa
che ha letto nelle pagine dei suoi libri. La chiave del fallimento della
protagonista sta nella scelta che lei compie tra “amore prudente” e “amore
passionale”; la scelta propende per il secondo perché da secoli l’amore
cieco, epico e tormentato dimora tra le pagine più belle della letteratura.
“Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".
Dante
Alighieri- Divina Commedia, inferno V
Quel vecchio volpone di Dante- perché così viene
da chiamarlo- aveva capito come far presa sui suoi lettori; non per niente una
delle pagine più famose della Divina Commedia è proprio quella dedicata a Paolo
e Francesca, i due amanti sfortunati. Tra loro l’amore sboccia grazie al
sussidio dei racconti d’amore tra Lancillotto e Ginevra che danno loro “materia
di ispirazione”. Certo, i due sono soggetti alla punizione divina, essendo
condannati a risiedere nel girone dei lussuriosi, ma la grazia e la leggerezza
con cui Dante presenta e fa parlare questi due personaggi, mostra chiaramente
che la condanna non è totale. Il poeta fiorentino, pur condannando l’amor
cortese (di cui i due giovani sono esempio) e condannando se stesso in quanto
poeta di rime amorose, sta “strizzando l’occhio” alla tradizione, ne sta dando
una ulteriore esaltazione; e al lettore poco importa che i due siano
all’inferno e si commuove ogni volta.
Il fascino di storie d’amore travagliate (Romeo e
Giulietta, Enea e Didone ecc..) ha contagiato i lettori, che pongono queste
vicende all’apice del sentimento amoroso. Tutti sperano di provare quelle forti
emozioni che caratterizzano le vicende di questi personaggi, tutti rimangono
affascinati dalle mirabolanti imprese compiute dagli eroi per ricongiungersi
alla loro amata. In ambito artistico, è normale che una storia di forti
passioni coinvolga maggiormente il lettore, e gli scrittori ne hanno fatto
largo uso per ritagliarsi una fetta di eternità.
Gli scrittori parlano di amori epici perché è
quello che i lettori vogliono sentire e i lettori cercano nella vita reale ciò
che leggono nei libri. Come non si riesce a stabilire se sia nato prima l’uovo
o la gallina, così non si arriverà mai a capire chi per primo ha cominciato
questo circolo vizioso.
Tutti noi a volte cadiamo nell’errore di Emma
Bovary e buttiamo all’aria qualcosa di buono nel tentativo di inseguire una
fantasia. A volte i libri ci “dannano”, ma chi sa cercare, troverà sempre la
risposta…
Catullo, in una sua poesia usa due verbi per
definire due tipi di amore differente: “amare” che riguarda l’ambito passionale
e carnale e “bene velle” sentimento più pacato, meno tormentato ma decisamente
più profondo .
Queste gioie violente hanno fini
violente. Muoiono nel loro trionfo come la polvere da sparo e il fuoco che si
consumano al primo bacio…
William Shakespeare ROMEO E GIULIETTA, atto II, scena VI
“Amare”è il coinvolgimento di un momento, quella
spinta fisica, l’attrazione che per quanto possa sembrare forte è destinata a
scomparire tanto velocemente quanto è comparsa; “bene velle” è l’amore che
lentamente, prudentemente si insinua
nel cuore e che vi pone all’interno radici salde e durature. Vince il tempo, la
quotidianità, la noia. Va oltre l’attrazione, è il legame più profondo di due
anime a contatto.
Emma ha letto, ma non ha capito quello che
leggeva. Non ha salvato se stessa, ma ha dato la possibilità di salvarsi ai suoi lettori.
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Ore 12 - L’imprudenza della letteratura
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Oleh
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