venerdì, aprile 15, 2016

Fuocoammare

    
Vincitore dell'Orso d'Oro alla Berlinale 2016, Fuocoammare è l'ultima fatica del regista Gianfranco Rosi. La prima domanda a cui dobbiamo provare a rispondere per analizzare quest'opera è che cos'è Fuocoammare? Partiamo da un punto fermo. Questo non è un film tradizionale. Per molti aspetti si avvicina alla narrazione da documentario, pur non avendo la struttura e la lunghezza per esserlo. Potremmo quasi dire che si tratta di un film alla Rosi, vista anche la sua precedente opera (Sacro Gra). Forse un film così reale da farsi vivo, oppure un documentario con una linea narrativa ben precisa. A parte il tentativo di inquadrarlo, non si può non constatare come tutto il racconto appaia privo di alcuna mediazione, una sorta immagine senza filtri, naturalmente tersa. Rosi racconta senza urlare, senza retorica, senza pregiudizi, quasi a dirci Io ti mostro cosa sta succedendo, sta a te aggiungere il resto. Se fosse una musica, l'alternanza delle pause sarebbe preponderante.
     Protagonista indiscussa della pellicola è senza ombra di dubbio Lampedusa, isola sulla quale il regista ha trascorso un interno anno per entrare in sintonia con ciò che si era ripromesso di raccontare. Il film si sviluppa seguendo due linee di narrazione ben distinte che si sfiorano continuamente, ma non si incontrano mai in modo diretto. Da una parte abbiamo la vita quotidiana di un bambino di Lampedusa, Samuele (di una spontaneità geniale!), incastonato in un epoca senza tempo e dall'altra le tragiche vicende dell'Africa che si protende per non affogare. L'unico punto in comune, è la figura del medico, Pietro Bartolo, vero ispiratore del film, che si prende cura di Samuele, ma deve fare i conti anche con gli arrivi senza sosta di uomini, donne e bambini stremati, collezionatori di disagi e malattie di ogni sorta, persone sull'orlo della morte e altre che hanno già varcato quella soglia. In tutto ciò, non ci vengono risparmiate immagini crude, pugni allo stomaco che non abbiamo il diritto di evitare.
    Adesso veniamo al titolo. Innanzitutto è una canzone lampedusana, che Rosi introduce come una delle richieste che vengo fatte alla radio di paese. Ma è soprattutto attraverso il racconto di un'anziana signora che la locuzione fuocoammare, ci viene svelata. Ricorda infatti i tempi di guerra, quei momenti in cui il mare e il cielo, nel loro punto di incontro, si facevano rossi a causa dei bombardamenti insistenti (Su tutti l'episodio della nave Maddalena, alla fonda davanti Lampedusa, bombardata assieme al porto nel 1943). Chi focu a mmari ca c’è stasira! Immagine che si ripropone sul finale, questa volta per giochi di luce naturali, che sembrano lasciarci un retrogusto di medesima tragedia, di bombe senza bombe, di guerra senza guerra.

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4/ 5
Oleh