mercoledì, settembre 17, 2014

Trainspotting: diario di bordo di Mark Renton


“Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxi televisore del cazzo; scegliete lavatrici, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la buona salute, il colesterolo basso e la polizza vita; scegliete un mutuo a interessi fissi; scegliete una prima casa; scegliete gli amici; scegliete una moda casual e le valigie in tinta; scegliete un salotto di tre pezzi a rate e ricopritelo con una stoffa del cazzo; scegliete il fai da te e chiedetevi chi cacchio siete la domenica mattina; scegliete di sedervi sul divano a spappolarvi il cervello e lo spirito con i quiz mentre vi ingozzate di schifezze da mangiare. Alla fine scegliete di marcire, di tirare le cuoia in uno squallido ospizio ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi; scegliete un futuro; scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha l'eroina?”
Edimburgo, Scozia. Fine degli anni ’90. Mark Renton decide di non scegliere la vita. Come se stesse giocando una partita a carte di fronte ad un avversario sconosciuto, decide di non giocarsi quella carta, se la tiene per sé, non è pronto a buttarla sul tavolo, ad essere giocata invece è la carta dell’eroina, ossia quella dell’autodistruzione.  Mark non ha traumi, non proviene da una famiglia difficile, non ha problemi di soldi. A chi cerca subito di appioppare un nome, una causa alla tossicodipendenza di Rent (come lo chiamano gli amici), dico di cancellare queste cose dalla lista, non è qui in superficie che dovete cercare, ma più in fondo. E allo stesso tempo Mark non è il classico ragazzino annoiato e stupido che vuole solo “sconvolgersi” con gli amici per provare nuove emozioni o per fare un dispetto ai genitori.
La tossicodipendenza è solo l’ennesimo terribile tentativo di fuga da parte di un ragazzo che principalmente odia tutto quello che lo circonda, ogni cosa sembra soffocarlo, come se avesse un cappio al collo che diventa sempre più stretto. ‘Non ho scelto la vita’… continua a tornarmi in mente la voce di Mark mentre lo dice a sé stesso e a noi, sembra un’auto-condanna a morte, in realtà il suo è solo un modo per dirci che non vuole rispettare i limiti che gli hanno proibito di superare per tutta la vita, non vuole fare le cose che gli altri fanno, la maggior parte delle volte seguendo un copione già scritto. Mark vuole scriversele da solo le scene e le battute della sua vita, perché è una sola e non c’è tempo per seguire sceneggiature scritte da altri. Gli fanno schifo tutte quelle esperienze preconfezionate, quelle che gli altri cercano di fargli fare dicendogli che non sarà mai felice altrimenti, forse perché vedere qualcuno diverso da loro semplicemente li spaventa a morte, quel ragazzetto magrissimo e pallido con le braccia distrutte dagli aghi e le sue scelte sbagliate, mette in dubbio le loro convinzioni da brave persone con il televisore maxi schermo.
Certo che Mark ha scelto una strada tortuosa per superare quei limiti, ma è pur sempre la SUA strada, quella che si è scelto da solo. E la realtà non è che non ha scelto la vita in generale, ma “quella” vita, quella dei film, felice sopra e triste sotto, e chi sono io per contestare questa decisione?   
E poi Rent è solo, o perlomeno si sente così, anche quando sta con gli amici di sempre, i suoi compagni di vita, Spud, dolce e ingenuo, Sick Boy, affascinante e furbo, Begbie, violento e alcolizzato e Tommy, gentile e sincero. Hanno vite profondamente diverse tra loro ma insieme formano un improbabile e disastrato quadro umano. Quello che li accomuna, oltre alla presenza della droga in un modo o nell’altro nella loro vita, è il loro rapporto complicato e spesso persino comico con le ragazze, si va da Mark che frequenta Diane, una ragazza minorenne a Spud continuamente maltrattato dalla fidanzata.
                                      da sinistra Spud, Tommy, Begbie, Rent e Sick Boy
Ognuno a suo modo cerca di sopravvivere alla paura della realtà, ed è anche per questa paura che tentano in ogni modo di evadere dal mondo che li circonda, ma allo stesso tempo vengono perseguitati da quello che temono. Infatti Mark alla fine capisce che non potrà scappare dalle sue paure per sempre. E quindi dopo una traumatica e forzata disintossicazione nel letto chiuso in camera dai genitori durante la quale vede bambini sui muri, i suoi amici malati o in carcere, decide di cambiare. Si trasferisce a Londra. Nuova vita, niente droga. Sarà una sfida, vedrete come andrà a finire. Quello che è certo è che Mark Renton, da solo o in compagnia, correrà sempre fuori dai limiti.

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Oleh