martedì, aprile 08, 2014

Changes - Next Exit.

https://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=cEriPnwBKOA
Questo articolo non sarà facile da scrivere, ne sono sicura. Premetto che non mi è mai piaciuto scrivere troppo di me stessa e mai avrei pensato che un giorno avrei addirittura fatto leggere a qualcuno i miei pensieri, ciò che scrivo è sempre stato solo ed esclusivamente per me stessa, per raccogliere le mie riflessioni fissandole indelebilmente sulla carta, per riordinare la mente e per rileggere, di tanto in tanto, quello che mi passava per la testa il giorno venticinque del mese di marzo nell’anno duemilaquattordici e magari riderci e rifletterci su. Anche perché mi sono sempre chiesta cosa avrebbe potuto trovare di interessante uno sconosciuto nel leggere le mie opinioni sulla vita, in che modo avrebbe potuto farlo riflettere visto che erano solo pensieri di una ragazza come le altre che magari si atteggiava a saggia senza saperlo. Ma ultimamente mi è capitato di leggere molti articoli su storie personali e assimilando quelle parole, mi sono accorta che tante di quelle storie le sto vivendo anche io in questo preciso momento, e sentirsi in compagnia non fa mai male.  Premetto anche che, oltre a non voler scrivere di me, non ho mai voluto neanche parlare eccessivamente delle mie cose, se non con persone che conoscevo da un periodo sufficientemente lungo da poterci parlare senza la paura che la mia vita venisse raccontata ad estranei pettegoli.
Parlo al passato perché credo di essere migliorata in un certo senso, mi apro di più con le persone ma basta una sola, minuscola delusione a farmi tornare indietro, così com’ero prima, sono sempre io e me ne sto accorgendo di nuovo. Questo mi passava per la testa la sera del venticinque marzo guardando un punto del soffitto, che aprirsi con una persona, così come piangere davanti a qualcuno, vuol dire mostrarsi per quel che si è, cioè essere vulnerabili, “deboli”. Mi piace ascoltare, mi piace che le persone si confidino con me, vuol dire che sono affidabile,  mi piace risolvere problemi, mi sento utile. Ma mi risulta difficile rispondere a molte delle domande che mi fanno, tipo ‘perché sei felice?’.
Rispondere che sono felice per un sorriso, per una cosa che finalmente è successa, un problema risolto, un’ansia sparita e una mattinata col sole in cui mi sento utile, una serata perfetta, per aver conosciuto una persona diversa dalle altre.
E alla domanda ‘perché sei triste?’ risponderei che sono triste per le amicizie che vedo finire, i litigi che fanno finire un amore, i fiori a terra, le persone felici falsamente disagiate e le persone disagiate falsamente felici, la sensazione di non aver cambiato niente e nessuno, la sensazione di vivere ogni secondo qualcosa di già vissuto, la sensazione di guardare la realtà con gli occhi degli altri, i saluti e gli sguardi non ricambiati, una conversazione interrotta, una canzone che non ti emoziona più come prima, un film che non ti colpirà più come la prima volta e il senso di vuoto quando invece finisce un film che sai che ti porterai sempre dentro, la consapevolezza di essere al posto sbagliato pur sapendo dov’è il posto giusto per te, la terribile convinzione di non aver niente per cui alzarsi dal letto, le giornate sprecate, gli occhi tristi di una persona di cui riesci a capire qualcosa o tutto, la lontananza di persone impossibili da incontrare e la vicinanza di persone impossibili da evitare, l’omofobia, la televisione, i monolocali, la continua paura di rimanere soli, la costante ricerca di qualcosa che non ci appartiene, il desiderio di far leggere tutto questo a qualcuno e la consapevolezza che non lo farò mai. E invece, inaspettatamente ho deciso di farlo, di aprirmi in un modo del tutto nuovo, far leggere tutto questo a delle persone che non conosco neanche, è un enorme passo avanti per me. E chissà, forse il coraggio è proprio questo, cambiare la propria idea su qualcosa radicalmente, decidere all’improvviso che abbiamo sbagliato e soprattutto ammetterlo, agli altri, ma prima di tutto a noi stessi. Dire “ho sbagliato fino a questo momento, ora si cambia” secondo me è l’atto di coraggio più grande che ognuno di noi possa fare. Sarà facile magari per le persone sicure di sé che non hanno mai dubbi su di sé, sarà più difficile invece per quelle persone che come me, prima di fare qualcosa ci pensano infinitamente, prese da mille dubbi, ma alla fine ce la fanno. Coraggio vuol dire aprirsi con le persone, fidarsi di se stessi e degli altri, dire no, anche se in silenzio, a tutte le cose che la gente cerca di far sembrare adatte a noi, ma che in realtà non lo sono, smettere di lasciarsi controllare e di far pensare qualcun altro al posto nostro perché noi abbiamo troppa paura di farlo, guardarsi allo specchio e gridare con tutto il fiato che si ha in gola “IO SONO QUI” e cominciare a correre come i pazzi su una strada che prima stavamo percorrendo camminando.  Perché a volte ci vuole più coraggio a scappare, ad andarsene, che a rimanere. Molti cercheranno di fermarvi, di buttarvi per terra, vi diranno che siete dei vigliacchi che non affrontano la realtà, ma voi correte, col cuore in gola, col fiatone, le orecchie che fischiano e con le gambe che fanno male, ma perdio, correte e voltatevi solo quando qualcuno per cui vale la pena girarsi vi chiamerà e vi urlerà di tornare indietro. Correre non vuol dire necessariamente fuggire da qualcosa, vuol dire allontanarsi e prendere la rincorsa per ricominciare.

“La donna disse che gran parte della gente sogna di ricominciare da capo, e aggiunse che in questo c’era qualcosa di commovente, non di pazzo. Disse che in realtà quasi nessuno, poi, ricomincia da capo davvero, ma non si ha idea di quanto tempo la gente passi a fantasticare di farlo, e spesso proprio mentre è nel bel mezzo dei suoi guai, e della vita che vorrebbe lasciar perdere.”                       (Tre volte all’alba- Alessandro Baricco)
Questa è una canzone a cui tengo molto, che è il simbolo di quello che secondo me è o dovrebbe essere il coraggio.

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Oleh