Ripensavo al passato, al nostro modo di
essere e di apparire. Alla moda dei primi del Novecento, ai mitici
anni 20' e alle grandi guerre. Sono approdata così agli anni
Cinquanta e ai rivoluzionari Sessanta ed ho capito.
Ho capito che grazie a questi due decenni i grandi stilisti hanno creato ciò che siamo, ciò che indossiamo. Sono stati la base di un nuovo stile, più comodo per l'uomo, più esuberante per la donna. E allora ho deciso di parlarvi di loro.
Ho capito che grazie a questi due decenni i grandi stilisti hanno creato ciò che siamo, ciò che indossiamo. Sono stati la base di un nuovo stile, più comodo per l'uomo, più esuberante per la donna. E allora ho deciso di parlarvi di loro.
A dettare legge in questo grande mondo
è sempre stata la moda parigina, ma a partire dai Fifties
incominciamo ad intravedere l'Italia e gli Stati Uniti. Nelle
università americane si propaga l'uso dei jeans, un tessuto
utilizzato dagli schiavi nell'Ottocento, blu scuro e resistente,
grazie anche al successo de Il selvaggio di Marlon Brando. Mentre a
Firenze, a Palazzo Pitti, si organizzano le prime sfilate a matrice
italiana: le sorelle Fontana, Emilio Pucci, Carosa, Jole Veneziani, e
nascono Missoni e Krizia, i pionieri del pret-à-porter.
Nella capitale francese Chanel (il mio
grande amore) riapre le sue boutiques d'alta moda, lanciando ancora
una volta i tailluers, le little black jacket e proponendo la scarpa
senza tallone e con la punta in colore diverso. Coco è in
contrasto con Dior, ritiene le sue creazioni troppo rigide, poco
portabili, e per nulla funzionali alla vita di una donna.
Dior, d'altro canto, è un punto
cardine della moda parigina, le sue collezioni dettano legge. Crea
linee ispirate alle lettere d'alfabeto, come la H (ripresa dai
ritratti di Anna Bolena), Y, A, gli abiti da sera sono rigorosamente
lunghi sino ai piedi e nel 1957, anno della sua morte, lancia lo
stile a sacco, nascondendo totalmente il punto vita. Ripreso dal
successivo direttore creativo della maison, Yves Saint Laurent, che
la modificherà per arrivare all'idea del modello a trapezio.
Contemporaneamente sulle spiagge vede
la luce il Bikini, costume a due pezzi. L'idea è quella di
avvicinarsi sempre più alla creazione di una moda semplice
adatta per il tempo libero.
Nei Sixties tutto è accentuato.
Siamo negli anni delle rivoluzioni giovanili, della prima musica
diversa e più consapevole, il vero rock inizia a farsi sentire
e le donne richiamano la loro indipendenza. In Francia Paco Rabanne
stravolge con la sua linea metallica, senza cuciture, e molti altri
stilisti si ispirano ai grandi artisti contemporanei e alla pop art,
come Saint Laurent, nella sua collezione Mondrian.
Si diffonde la Beat Generation, nuovi
stereotipi e modelli da seguire.
Le ragazze non si identificano più
nelle grandi dive ma nelle modelle come Twiggy, Jean Shrimpton,
Veruscka.
Anche l'Inghilterra si afferma nel
mondo della moda, Mary Quant inventa la minigonna e successivamente
gli autoreggenti sono sostituiti dai nuovissimi collant.
Da una parte sbaragliano i Beatles, con
i loro pantaloni stretti e corti, le giacchette stile uniforme
ottocentesca, e gli stivaletti alle caviglie, dall'altra, i più
aggressivi Rolling Stone (amore eterno!), con camicie di satin,
collane, bracciali e trucco.
I giovani prendono si identificano in
questi nuovi personaggi da imitare e, per la prima volta dopo anni,
gli uomini portano i capelli lunghi.
Con la guerra del Vietnam e il Maggio
francese, i contestatori iniziano ad avere una loro divisa, per
contrastare il mondo elitario: eskimo, sciarpe, jeans strappati,
scarpe da tennis, maglioni enormi. Molti capi sono presi in prestito
da uniformi militari, come il Montgomery, giacca chiusa da alamari,
che appunto il generale Montgomery indossava sempre, o la t-shirt,
inventata dalla marina militare americana come canottiera per i
soldati.
Insomma la moda diventa un mix tra ciò
che è utile e ciò che ci circonda. Non si tratta più
solo di apparire, come un tempo, ma di trasmettere il proprio
universo attraverso quello che si indossa. L'arte, la musica, la
letteratura si fondono con l'abbigliamento. Vestire è anche
creare. Vestire è anche reagire alle idee stantie.
Da questo momento anche la moda diventa
un mezzo di comunicazione.
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La moda del passato: i 50 e i 60.
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Oleh
Ilaria Amoruso