sabato, ottobre 10, 2015

Carver e Murakami



Forse a qualcuno capita più sovente, però per me rimane sempre un momento in cui spalanco gli occhi e salto un respiro. Sto leggendo in contemporanea questi due autori: Raymond Carver (Clatskanie, 25 maggio 1938 – Port Angeles, 2 agosto 1988) e Haruki Murakami (Kyoto, 12 gennaio 1949). Statunitense e orientato al racconto il primo, giapponese e iper-profilifico il secondo.
Carver mi è saltato in braccio, dopo aver visto il film Birdman (o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza), [film del 2014 di Alejandro González Iñárritu e interpretato tra li altri da Michael Keaton, Zach Galifianakis, Emma Stone e Edward Norton], in cui il protagonista mette in scena un’opera teatrale dello scrittore. Il nome di Murakami mi è stato consigliato invece da una mia amica davanti a una birra media, citando quello che poi sarebbe diventato il primo titolo dell’autore a cui mi sarei approcciato: ‘A sud del confine, a ovest del sole’ (Ed. Einaudi, 2003). Da molti mesi porto avanti questi due autori: come spesso mi capita di fare parto da un libro - non sempre quello fondamentale per capire l’autore - e di lì inizio un piccolo viaggio nella sua bibliografia.
Li sto portando avanti in parallelo. Ogni tanto mi capita di leggere qualcosa di Carver, finito quello attacco Murakami. Tento di non sovrapporli, mi sforzo di terminare uno prima di aggredire l’altro. Sono stati per me due binari che scorrono paralleli, vicini per una mia scelta di lettore, ma distanti come vita vissuta, come approccio alla letteratura. A un certo punto però accade l’imprevisto. Sto leggendo una raccolta di poesie di Carver (Orientarsi con le stelle, Ed. Minimun Fax, 2006), quando mi imbatto in una poesia lasciata a riposare poco prima della metà della raccolta. E’ intitolata Il proiettile, ma quello che mi fa sobbalzare non è tanto il titolo, quanto la scritta in alto a destra: per Haruki Murakami. Prima di leggerla, ripasso alcune volte la dedica; sillabo il nome con l’ausilio del mio indice per esserne sicuro.                                                                                                                                                                                                                                      Per Haruki Murakami
Sorseggiavamo il tè. Scambiandoci educate
congetture su come mai i miei libri
avessero tanto successo nel tuo paese. Non so come,
ci mettiamo a parlare del dolore e delle umiliazioni
che , secondo te, ricorrono spesso
nei miei racconti. E quell’elemento
di pura casualità. E di come tutto ciò si traduce
in termini di vendite.
[…]

Continua la poesia, dipanando la matassa per arrivare a spiegare il titolo, con l’utilizzo di un flashback, che ci riporta in un Dodge del ‘50, con un gruppo di ragazzotti e un proiettile di neve vagante. Si conclude poi con loro due che educatamente alzano le tazze da tè. Educatamente.
Quello che però mi coglie alla sprovvista è la seconda persona con la quale Carver conduce la lirica. Mi impressiona saperli assieme, immaginarli tranquilli mentre discutono di letteratura, di caccia, di donne e chissà di quali altri argomenti ancora. Vedere come cautamente si incrociano due pensieri, due fiumi  di parole. E’ come se per un attimo avessi trovato qual fantomatico luogo in cui due rette parallele possono infine incontrarsi. Alla prima lettura, l’impulso è stato quello di chiamare un qualche professore di matematica per vedere se la tesi potesse reggere. Per ora però mi limito a segnare la pagina della poesia di Carver, ripromettendomi di tornare.


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4/ 5
Oleh