martedì, gennaio 20, 2015

Nymphomaniac è molto di più



Nymphomaniac non è sicuramente un film per tutti. Che sia la versione integrale o quella censurata mandata in Italia è un genere diverso e ricco di originali analogie.
La ninfomania viene affrontata attraverso il racconto di Joe, capitolo dopo capitolo, che ferita per strada viene accudita da Seligman, il quale si offre di sentire la sua storia per poter darle un giudizio e capire se si tratta o no di una persona crudele. I dialoghi e le parole rendono sicuramente meglio in inglese (versione che consiglio di vedere) ma ciò che di più conta sono le immagini e i suoni. La polifonia con i suoi tre toni di Bach, la pesca e le esche, lo specchio, sono tutti modi nuovi per poter spiegare attraverso i sensi visivi e uditivi una forma grave di dipendenza.
Ma è giusto definirla tale? O la ninfomania è per Joe solo il suo modo di essere e di vivere in quanto essere umano? Amare più uomini è sbagliato o è solo la ricerca di un qualcosa di più alto che fa dei tanti uomini un solo amante? E' follia o una via per sentire?

In Nymphomaniac vengono ribaltati i punti di vista: una macchia da tè diventa una Walther PPK, la Chiesa di Roma diventa sofferenza attraverso le icone della crocifissione, quella Ortodossa è salvezza e gioia. Un punto di vista diverso che non solo trasforma ciò che si vede ma modella lo stesso concetto di religione, credenza, maestosità e misticità.


La ninfomania è ascesa o declino?
La vita di Joe è scandita da simboli satanici, esoterici, religiosi. Il trittico del Diavolo, la visione con l'aurea divina. Joe è protagonista di un percorso dolorosa che si allontana dalla gioia per arrivare alla sofferenza, dal piacere all'astinenza, dalla Chiesa dell'est a quella dell'ovest. I religiosi la chiamerebbero blasfemia ma Joe porta la sua croce e ricevere le sue frustate prima della crocifissione.
Joe cerca la sua anima, cerca il suo albero, come le spiegava suo padre. Ogni albero ha un'anima visibile solo quando è spoglio in inverno, lì tutte le imperfezioni sono a nudo, tutto è alla luce, alla sua essenza. Joe si ritrova dopo un lungo cammino, dopo picchi di piacere e disperazione, amore e odio, scelte difficili e facili. Joe è l'altra faccia della medaglia della società, capace di affermare che negare la parola “negro” è nascondere una realtà, togliere un mattone al muro della democrazia: il borghese è ipocrita, l'uomo stesso è ipocrita, tutti lo siamo, questa è la verità dell'universo.
E' spiazzante, sconcertante, è la voce dell'emarginato, dell'incompreso, ma alla fine non lo siamo un po' tutti?

Nymphomaniac non è solo la storia di una “sesso dipendente”, è svelare ciò che si cela, è riconoscere la sessualità, le sue pulsioni, affrontare la parità dei sessi, immedesimarsi e redimersi. E' anche amore: il padre di Joe e Jerome sono le sue costanti. La prova che una medaglia ha sempre due facce, che il passo dall'amare all'odiare è breve, che può svanire o essere trasportato dal delirio. Poi arriva il vuoto esistenziale e la consapevolezza che la vita è attesa della morte, inevitabile. Che l'uomo è un essere finito che tenta di colmare un vuoto di per sé incolmabile.
Tanti capitoli a scandire varie tappe di una esistenza fatta di scoperte e rinunce. Nymphomaniac non è solo sesso, è molto di più.

Lars Von Trier è un'artista.  

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4/ 5
Oleh