venerdì, ottobre 17, 2014

American Horror Story - Freak Show - Recensione 4x01


Diciamocelo, la domanda isterica che ogni fan di American Horror Story si pone di anno in anno non riguarda né la trama né l’ambitissimo nome dello spacciatore di Ryan Murphy. No, il popolo della serie tv più malata degli ultimi 20 anni ogni estate ha una sola domanda in testa: riusciranno Murphy e compagnia bella a rendere Jessica Lange ancora più figa?

Ebbene, se ancora non avete visto la puntata, non abbiate paura, almeno di questo. Stavolta, se la pettinatura non è delle più convincenti, è bastato aggiungerle una sfumatura tedesca all’accento che la magia si è compiuta di nuovo. Se ci fosse un Emmy per la figaggine, la Lange se lo porterebbe a casa a mani basse, in barba a tutte le attricette che sculettano con le cosce al vento tra licei e uffici governativi.

Ma, dopo questo breve e doveroso preambolo sulla fantastica Jessica Lange, passiamo all’aspetto secondario della serie. La serie, appunto.

Spero di non dovermi ricredere dopo la seconda puntata, ma pare che la premiata ditta dell’orrore sia tornata agli antichi fasti.

Dopo averci ammorbato con un Asylum partito bene e colato a picco tra gli arzigogoli di una trama densa di spunti fini a loro stessi e poco sviluppati, e con un Coven che, abbiate pietà, non aveva un senso né un intreccio logico che legasse una puntata all’altra, forse forse Murphy ci ha concesso la grazia. Forse forse ha deciso di sfruttare l’immenso potenziale del cast, degli sceneggiatori e di tutti i pazzi a cui è riuscito a distribuire le sue pillole della felicità per confezionare un prodotto qualitativamente congruo con le aspettative di chi segue la serie da quel capolavoro che fu la prima stagione. Ah, la prima stagione, quanti ricordi.

Quindi venghino signori venghino sotto il tendone delle meraviglie.

Elsa Mars, aspirante star che nonostante l’età avanzata continua a covare sogni di gloria, vi condurrà nel suo affascinante mondo, popolato da veri e propri mostri, se spaventosi solo in apparenza sarà il tempo a dirlo.

Se Ryan davvero è tornato in sé, e ne è nuovamente uscito per creare la serie, sarà un vero e proprio viaggio quello che ci aspetta. La psicologia dei personaggi può davvero offrire un terreno fertile per un’interessantissima esplorazione del tema del diverso, dell’accettazione prima di sé e poi degli altri, delle condizioni alienanti cui una cultura (la nostra come quella degli anni ’50, anni in cui è ambientata la serie) può sottoporre individui considerati strani, diversi, mostri appunto; sono curiosa di vedere che piega prenderà la serie, fin dove la mostruosa deformazione del corpo può intaccare la mente e tramutare le persone in mostri.

Mi riservo di commentare più nello specifico dalla seconda puntata, poiché nella prima vi sono alcune chicche inaspettate che devono rimanere come tali proprio fino alla fine.
Ma dalla prossima l’allarme spoiler sarà ben evidente nel titolo, anche perché la recensione uscirà quasi in concomitanza con l’uscita della puntata, nella speranza che l’adrenalina muova a mille cuore e penna.

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Oleh