sabato, settembre 06, 2014

Frontiera americana

Frequentavo l’università (non soffermiamoci sull’anno) e stavo seguendo il corso di political communication. Ci stavamo preparando ad analizzare i contenuti dei discorsi ufficiali dei generali NATO e dei vertici militari USA, per capire le ragion del l'intervento in Afganistan e Iraq. Ad un certo punto il professore, anticipata da una piccola pausa teatrale,  pronunciò una frase che suonava più o meno così. Non potremmo mai capire le ragioni dell'agire americano, se non abbiamo ben presente il concetto di frontiera
Ci starebbe bene a questo punto, una lunga digressione sulla teoria della frontiera, dalla conquista dell’Ovest al discorso di Kennedy sulla nuova accezione, le sue influenze politiche e sociali, ma temo che aumenterei di molto il livello di noia e dispersione nella lettura.
Oggi però, mi sento di riprendere il concetto e adattarlo, con prudenza, al senso del limite di questo nostro settembre. Così gonfio un po’ i pettorali, sistemo occhiali immaginari, sfoggio un sorriso da professore ingrigito e pronuncio anche io la mia frase ad effetto: non si può capire la letteratura americana senza aver ben chiaro il concetto di frontiera.
Frontiera intesa come luogo fisico, una porzione geografica non sempre ben definita, è chiaro. Ma c'è di più. Esiste anche un ulteriore modo di concepirla. Si tratta della frontiera interiore, uno spazio individuale da esplorare e da conquistare. Sintetizza splendidamente tutto questo mio sproloquiare Antonio Spadaro, nel suo "Nelle vene dell'America": Ai panorami esteriori fanno eco i panorami interiori
Ma dirò di più. Continuando con questo occhio critico sulla frontiera, posso sicuramente confessarvi che molto mi sarei perso ignorando la questione. Parlo ad esempio del Fante di Chiedi alla polvere, con il peregrinare in macchina di Arturo Bandini verso l’ Oceano. Di Steinbeck in Uomini e Topi, con la ricerca di riscatto dei due protagonisti e il viaggio di una famiglia anzi, di una intera generazione in Furore. Di Kerouac, con la sua folle velocità, con i panorami che paiono cambiare come foto di un album nel suo Sulla strada.
Un mio amico - Andrea - la cui conoscenza è sempre fonte di salvezza, aggiungerebbe a questo punto anche il concetto di ampi spazi aperti a cui sono abituati gli americani, in questo loro modo di percepire e quindi di raccontare, ma tempo che andrei fuori argomento.
Allora aggiungo altro. Ho un piccolo tarlo infatti che mi sta bacando il cervello. Sento che posso andare oltre. 
Anche molta della musica americana, è musica di frontiera. Ecco, questa non so proprio da dove mi sia uscita. Come ne esco? Cosa dico ora?
- Cita Dylan, fa fine e non puoi sbagliare- Mi sussurra, senza muovere le labbra, il mio amico Andrea.
- Dici?- Rispondo io con un filo di speranza.
- Assolutamente. - 
- In particolare? -
- Potresti parlare di Desolation row, oppure di One more cup of coffe
- Ottimo -
- Però, se vuoi andare sul sicuro, ascoltiamo questa ... -





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4/ 5
Oleh