martedì, gennaio 28, 2014

The perks of being a wallflower, avventure di un ragazzo da parete.


THE PERKS OF BEING A WALLFLOWER,  AVVENTURE DI UN RAGAZZO DA PARETE.

“La disperazione è una forma superiore di critica.
Per ora, noi la chiameremo "felicità",
perché le parole che voi adoperate non sono più "parole",        
ma una specie di condotto attraverso il quale gli analfabeti hanno la coscienza a posto. Ma...

la solitudine...”

Questa è una strofa della poesia “Solitudine” di Léo Ferré.
Quando la lessi per la prima volta mi colpì, come può colpire qualcosa che non si conosce bene o che non si capisce fino in fondo. E devo ammettere che per capire solo la prima frase, quella che mi è rimasta impressa in modo particolare, sono impazzita. Come tutte le poesie, può essere interpretata in tanti modi e il pensiero di ognuno può portare a idee e significati diversi, ma leggendo tutta la poesia, ho finalmente capito, o almeno credo.
Chi è solo, folle e disperato, inevitabilmente, guarda il mondo in modo diverso rispetto agli altri, ha una forma superiore di critica ed è destinato proprio per questo ad essere perennemente infelice, ma noi questa folle disperazione la chiameremo ugualmente “felicità” perché chi ha una forma superiore di critica riesce anche ad esprimere le proprie emozioni con il silenzio, mentre gli altri parlano per non rimanere zitti, parlano usando le parole come “una specie di condotto” per avere la coscienza a posto.

Forse penserete che questo non c’entra niente con l’inizio, molto probabilmente è così.
Ma cercherò di collegare le due cose.

Un pomeriggio stavo camminando verso casa e mi era venuta in mente per l’ennesima volta la frase di Léo Ferré, ora non mi ricordo il perché. Passando davanti al mio negozio di dischi di fiducia, sento ‘Heroes’ di David Bowie suonare ad alto volume e ripenso sorridendo ad un film bellissimo che avevo visto qualche mese prima con degli amici: “Noi Siamo Infinito” (The Perks of being a wallflower). Più tardi, a casa, rileggendola, mi accorgo che la strofa che ho scritto sopra della poesia di Ferré racchiude, secondo me, il vero significato del film, la sua vera essenza.
The Perks of being a wallflower parla di un ragazzo, Charlie, solo e particolare, che viene considerato da tutti ‘lo strano’ perché non ha amici, non parla inutilmente, giusto per non rimanere in silenzio, e non esce molto spesso da casa, preferisce rimanere a leggere e a scrivere lettere al suo migliore amico morto l’anno prima. Charlie si prepara ad affrontare il grande Inizio: il liceo. È pronto al peggio e comincia fin da subito a fare il conto alla rovescia per la fine dell’anno, appena arriva a scuola si siede e abbassa lo sguardo sperando che nessuno lo noti e nessuno gli rivolga la parola perché ha paura, ha già sofferto abbastanza e non vuole rischiare che gli capiti ancora. È un ragazzo che cerca continuamente di sparire, è un ragazzo da parete, circondato da persone che non hanno niente dentro e usano le parole come “una specie di condotto”. 
Muove nervosamente lo sguardo e le mani quando lo prendono in giro ma alla fine di quella stessa giornata incontra due ragazzi dell’ultimo anno che, insieme al professore di letteratura, gli salveranno la vita, anche se lui non lo sa ancora: Patrick e Sam. Incominciano a parlare di musica e di band inglesi e Charlie viene invitato per la prima volta nella sua vita ad una festa. Con Sam, una bellissima ragazza che cerca di riemergere dopo un periodo difficile, si apre subito e le racconta le sue angosce e la cosa che più lo fa star male: la morte della zia, di cui si sente responsabile. Sam rimane turbata e decide, insieme a Patrick, di far entrare Charlie nel loro gruppo di amici.

Charlie continua a sentirsi fuori posto nella realtà in cui vive ma ha trovato qualcun’ altro che si sente fuori luogo ovunque come lui e trova finalmente un certo equilibrio e smette di avere le visioni sulla morte della zia. Legge i libri che gli consiglia il suo professore: il buio oltre la siepe, Il Grande Gatsby, l’ Amleto, Il Giovane Holden, ascolta gli Smiths e i Beatles steso sul letto a guardare il soffitto con Sam e fa infiniti viaggi in macchina con Patrick sotto i ponti della città, ha la sua prima fidanzata, dà il suo primo bacio e prova la prima canna.
Ma arriva la fine dell’anno e i suoi amici partono per il college e Charlie ritorna ad essere un ragazzo da parete, uno che osserva il mondo e che vive attraverso le vite degli altri. Dopo un finale che preferisco non rivelarvi, si rialza e cerca di ricominciare a vivere perché se ha trovato il suo equilibrio una volta, lo troverà di nuovo.

Charlie ha una forma superiore di critica e ha una disperazione da ragazzo da parete, che noi per ora chiameremo “felicità”.

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4/ 5
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