martedì, gennaio 07, 2014

Amy Winehouse, l'anima maledetta del soul.

“I cheated myself,
Like I knew I would
I told you I was trouble,
Yeah, you know that I'm no good”


Si conclude così “You know that I’m no good” di Amy Winehouse, tormentata cantautrice soul inglese morta tre anni fa a causa della droga e dell’alcool che l’avevano accompagnata fin da giovane. Dopo il buon successo del suo primo album “Frank” diventa famosa soprattutto in Inghilterra per i testi forti e la potente voce fuori dal comune. Già in quegli anni Amy comincia ad avere problemi di dipendenza da droga e alcool a cui si aggiunge anche un forte disordine alimentare che le causerà poi una notevole diminuzione di peso.
Qualche anno dopo esce il disco che la fa diventare la regina bianca del jazz/soul: “Back to black”. Con testi sinceri e aggressivi e musiche malinconiche e lente, le sue sono canzoni piene di tristezza, amore, grinta, ma soprattutto rabbia, cantate con disprezzo verso qualcuno di indefinito ed interpretate con espressioni che appaiono noncuranti, ma Amy, come un’ eccellente attrice, finge. Infatti la sua anima e i suoi pensieri sono tutt’altro che leggeri. Amy ha tantissimi problemi, ha continue crisi depressive e non riesce a non bere perché, come dirà in un’altra sua canzone “I'm gonna lose my baby so I always keep a bottle near”, ha paura. Ha paura di perdere le persone che ama e ha paura di soffrire.

Ho pensato quasi subito a lei quando ho letto la parola INIZIO. Se penso ad un inizio mi vien da pensare alla luce in fondo ad un tunnel, ad un disperato tentativo di riemergere e alla ricerca della felicità dopo un periodo di tristezza e di buio totale. Perché alla fine la vita, quasi sempre, non so se dire purtroppo o fortunatamente, si riduce ad una folle ricerca della felicità, di un posto dove ci si possa sentire a casa, sentendosi finalmente se stessi.  E forse, non potremo mai saperlo veramente, era proprio questo il problema di Amy, sentiva di non appartenere al luogo in cui si trovava, di essere lì per errore e forse le mancava la libertà di cui un’anima soul ha bisogno.
Amy ha provato tante, forse troppe volte a riemergere dal vortice che la stava risucchiando sempre più giù, a porre fine a tutto il dolore che provava e a ricominciare da zero per ritrovare se stessa, perché è da lì che bisogna ricominciare. Da se stessi. Ha chiesto aiuto al mondo con la sua voce triste, ma il mondo l’ha ignorata. E così si è lasciata andare con la consapevolezza di aver perso la battaglia contro i suoi problemi e contro la vita perché, come dirà in un’intervista il musicista Tony Bennett, “lei sapeva di essere in un mare di guai, sapeva che non stava vivendo veramente”. Ma Amy era sola e da soli, si sa, non si va da nessuna parte.

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4/ 5
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