Pinacoteca di Brera |
Ancora
a Milano, ho cercato qualcosa che potesse interessarmi, stupirmi ed
ho trovato due luoghi perfetti in cui perdermi: la Pinacoteca di
Brera e il Museo del Novecento.
Qui ho
potuto ammirare grandiosi artisti e fantastiche opere, ben diverse
l'una dall'altra, divise da molti decenni. Da un lato l'importanza
della classicità e delle tradizioni, ovvero il passato,
dall'altro l'innovazione, il non canone, la volontà di uscire
dagli schemi del sistema, il futuro.
In un
mese in cui analizziamo le caratteristiche di un passato fondamentale
per il futuro, viaggiare tra Mantegna, Bellini, Raffaello, e poi
Pollock, Fontana, Manzoni e Warhol non sembra paradossale, ma più
che normale.
L'atmosfera
è sorprendente quanto differente. Cammino fra i corridoi della
Pinacoteca completamente affascinata dalla magnificenza e perfezione
delle tele, i soggetti sono per la maggior parte appartenenti agli
ordini sacri, Cristo, la Madonna, le vite dei Santi. I corpi sono
studiati nei minimi dettagli, i colori spesso cupi, sembrano
riflettere la luce, tutto appare così reale e profondo. Scorci
di vita, scorci emozionanti sulla morte di Gesù di Nazareth o
sullo sposalizio della Vergine.
E poi,
invece, vengo catapultata in un mondo futuristico, in un mondo dove
non si dipinge quasi più, la tela viene tagliata, imbrattata,
schizzata dal colore, e l'uomo non è più soggetto di
studio. Non viene più rappresentato come modello; si è
andati oltre.
Il modo
di vedere l'arte è cambiato, sostituito da una serie di opere
che trasmettono l'inadeguatezza dell'uomo o il suo disagio, il suo
estro e la sua personalità. Oggetti, manifesti pubblicitari,
ritagli di giornali, incollati o serigrafati su tele ormai usate solo
come base per qualcosa di nuovo.
Così
non ritroviamo più l'intensità della Pietà del
Bellino o il Cristo morto scorciato di Mantegna il quale un tempo
appariva così innovativo e differente. Ma siamo dinanzi ai
tagli di Fontana o ai ritratti colorati di Marilyn Monroe.
Museo del Novecento |
Ovviamente
i modelli di riferimento sono totalmente opposti, così come la
società ed i valori con i quali gli artisti sono cresciuti e
maturati. Il Novecento è stato un secolo di rivolta, novità,
ma anche di dolore, guerra, disagio. Tutti elementi che hanno
cambiato la psiche umana e hanno reso il pittore diverso da quello
che era un tempo.
Oggi
“l'artista” è colui che inventa qualcosa di mai inventato.
Ovvero un uomo in grado di darci qualcosa che non abbiamo mai visto.
Tale è Pollock, con la sua tela posta per terra e soggiogata
dall'effetto dei colori colati e versati dall'artista. Tale è
Manzoni con i suoi oggetti bizzarri. Tale è Fontana, tale è
Warhol.
Ma per
arrivare a ciò che noi possiamo concepire ora, e a ciò
che questi uomini hanno visto, abbiamo dovuto studiare e ammirare
secoli di ricerca sulla pittura e scultura. Se Raffaello, Caravaggio,
Mantegna, Piero della Francesca, Bellini, Tintoretto e altri non
fossero mai esistiti e non ci avessero mai deliziati con i loro
capolavori, non avremmo mai potuto intravedere quello che ora ci
sembra così chiaro e normale.
I
maestri del passato, della nostra cultura e dell'espressione sono i
grandi da cui attingere la conoscenza.
Forse
in un futuro più lungo del nostro, i più grandi saranno
proprio gli uomini del Novecento.
Per ora
mi limito a guardare la Pietà e a commuovermi, come se non
fossi uno spettatore ma avessi direttamente vissuto quello che
Bellini vuole che io veda. Osservo l'intensità e sono rapita.
Per quanto adori Warhol e stimi Fontana, nessun taglio sulla tela per
quanto carico di significato potrebbe farmi rivivere quelle emozioni.
Perchè
il passato è un luogo dal quale attingere la verità, il
futuro è il luogo dove può essere rielaborata.
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Diario di viaggio: terza tappa. I due volti dell'arte.
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Oleh
Ilaria Amoruso