lunedì, aprile 22, 2013

Ore 12 - I racconti dell'acqua sono infiniti come le ere



il pianeta terra è coperto per tre quarti dall'acqua. oltre ai mari, ci sono i fiumi e i laghi. e gli stagni. e le pozzanghere. e i tombini. che non sono pozze d'acqua ma con l'acqua c'entrano lo stesso. e anche gli occhi. non solo quelli azzurri o verdi, basta che siano profondi, o che chi guarda sia dotato di uno sguardo da trivella o da sommergibile.
per ogni pozza d'acqua, grande o piccola che sia, c'è sempre qualcuno che la deve attraversare. per le pozzanghere più piccole può bastare un singolo passo, come per i corsi d'acqua più piccoli. oppure un ponte sui fiumi e sui canali un po' più larghi. ma la magia avviene sui mari e sui laghi. per andare da una parte all'altra si deve navigare. per navigare serve un punto di partenza e uno di arrivo. alle volte ci sono ormeggi naturali o, se hai una barca piccola, la puoi tirare in secco, ma se questi due casi non si verificano, l'uomo interviene costruendo moli e pontili. e i pontili sono luoghi magici. non quelli grandi e puzzolenti dei grandi porti. parlo di quelli piccoli, magari in legno, sui quali ci si può tranquillamente sedere a guardare nell'acqua e non pensare a nulla, lanciando il proprio sguardo nella profonda vastità di un lago senza preoccuparsi di doverlo tirare su, senza scadenze, senza fretta. come un piombo che scende, scende e va sempre più in profondità. solo che l'occhio non vede subito il fondo, e possono passare anni prima che lo tocchi. anche lo sguardo più penetrante è senza peso. ed è seduti su un pontile che questa storia inizia. con le gambe penzoloni, gli occhiali che scendono sul naso, occhiali dalle lenti grandi, capelli legati, pantaloni sformati e scarponi scoloriti, uno sguardo nè più fermo nè più scattante della media, si aggira furtivo sulla superficie del lago, dall'altra sponda immersa nella nebbia dell'alba alle increspature più minute che vede formarsi ad ogni minimo alito di vento, e le vede solo da vicino. il proprietario di questo sguardo volante, aleggiante, vago e preciso si siede sul bordo del pontile in legno e aspira l'odore del lago, dell'alba, dei pini e della menta che crescono sulle rive un po' fangose. e l'odore del legno bagnato del pontile. legno grezzo, neanche scortecciato, ma il pontile è ben fatto. vecchio, quasi marcio, qua e là cede, ma ben fatto. non senza una punta di timore, timidezza, ma senza mitezza nè remissività, lo sguardo si posa sempre più a lungo sullo stesso punto, e le sue carezze si fanno sempre più insistenti, lentamente tocca il lago, lo tocca di nuovo, lo tocca ancora, scende appena sotto la superficie, risale subito, lo tocca ancora, scende di nuovo, risale, scende ancora, risale e ridiscende. e non risale più. lo sguardo, inesorabile e deciso come una palla di piombo lanciata da grande altezza nell'acqua, scende, e scendendo vede. vede prima il lago, l'acqua, i pesci, le piante, la sabbia in sospensione e i primi raggi di sole che la fanno rilucere come di luce propria. poi inizia la magia del pontile. il pontile è terra di mezzo. non è terraferma, ma non si può dire che sia acqua. in tutte le terre di mezzo la realtà e quei sogni un po' allucinanti del dormiveglia (che è terra di mezzo tra regno di morfeo e "realtà") acquistano quasi vita, protendendosi attraverso il velo sottile che separa la loro patria da quello che noi chiamiamo mondo reale. lo sguardo, scendendo, si colora attraversando i raggi di luce che pian piano diventano più fiochi e si scompongono in tanti arcobaleni. e così, lo sguardo vede. vede le storie dell'acqua.

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Oleh