venerdì, marzo 29, 2013

le Regine del Fantasy


In questa soleggiata ma ventosissima domenica di marzo, sto seduta davanti al computer pensando all’oggetto del mio prossimo articolo. L’idea era quella di parlare di una scrittrice, una donna in un “mondo di uomini” quale quello della scrittura: la prima a cui ho pensato, essendo una sua grande fan, è stata Jane Austen, ma poi ho preferito di altre due scrittrici, modernissime e famosissime.

Sto parlando di J.K. Rowling, mamma di Harry Potter, e Stephenie Meyer, creatrice della saga di Twilight. Una inglese, l’altra americana, una “bravissima” e l’altra “non tanto brava” (cito Stephen King, e condivido).


Magia e vampiri, letterariamente parlando, due dei temi più inflazionati nel corso di questi ultimi duecento anni. La Rowling e la Meyer vantano dei predecessori quali Lewis Carrol ,J.R. Tolkien, Le Guin ed anche Stevenson, Stoker, Ann Radcliffe, Anne Rice… un fardello bello pesante da portare, ma comunque un modo facile di fare successo, perché da sempre, i lettori hanno amato i romanzi che parlavano di mondi nuovi, strabilianti e di imprese epiche. 

Il punto è che mentre la mamma di Harry Potter ha dato vita ad una saga indimenticabile e ricca di temi, la sua collega non è stata all’altezza del compito.

Il solco della tradizione

In Harry Potter la vicenda è ambientata prevalentemente in Inghilterra; più o meno quella che conosciamo noi. Ministero della Magia, Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwartz, Diagon Alley e gli altri posti frequentati dai personaggi del libro, sono celati agli occhi della comunità dei non magici,i babbani, ma esistono. Il mondo magico è caratterizzato da varie comunità sparse per il mondo, che per ragioni di sicurezza si nascondono tra i babbani mantenendo l’anonimato. Hanno regole, statuti, corpo di polizia, organi politici e, perfino uno sport nazionale! Inoltre spesso la Storia del mondo magico si intreccia con quella dei non magici(la nostra Storia).
La grande forza della Rowling è stata quella di creare un mondo incantato, ma allo stesso tempo plausibile perché ricco, tra le tante cose, di richiami alla tradizione popolare inglese, alle leggende e anche ai miti. Fenici dalla mitologia classica, draghi dalla tradizione medioevale inglese, la spada di Grifondoro magicamente estratta dal cappello come chiaro riferimento alla leggenda di Re Artù e della sua Excalibur, Giganti, lupi mannari (non quelle femminucce senza maglietta della Mayer, ma veri e spaventosi licantropi); Le fiabe di Beda il Bardo, hanno la stessa anima delle fiabe dei fratelli Grimm. Ogni cosa è stata studiata nei minimi dettagli: gli incantesimi in latino, sintomo dell’influenza del mondo romano anche nell’antica Inghilterra,tutti tranne l’anatema che uccide: strana forma, di una lingua ignota, perché è l’incantesimo che più si allontana dalla civiltà.  
 E Fuffy?Il cane a tre teste a guardia della pietra filosofale? Non vi dice niente il nome Cerbero? Il potere del basilisco di pietrificare chiunque lo guardasse negli occhi? Ricorda Medusa, no? Insomma, potrei passare la vita a citarvi i vari richiami e le strizzatine d’occhio che la Rowling ha introdotto nei suoi sette libri, ma ciò che conta è capirne la genialità: ha creato qualcosa di nuovo poggiandosi su un sapere passato.
Nella saga di Twilight, si parla di vampiri. Nella fattispece essi  non mangiano sangue umano, non muoiono se impalettati e soprattutto…brillano al sole! Se io fossi Stoker, non mi sarei limitato a rigirarmi nella tomba, no! Io sarei risorto e avrei staccato la testa a morsi a quella pseudo scrittrice della Mayer! Li chiamano creature della notte per una ragione, no? Nella tradizione il vampiro è un uomo infettato da un demone. Morto che cammina, dotato di grande forza e che deve bere sangue per continuare a vivere. Il vampiro è cattivo, non ha compassione, non prova amore e tutto ciò che lo smuove è la sete di sangue e invece in Twilight noi abbiamo una intera famigliola vampiresca che ha scelto in virtù di non si sa che cosa di diventare “vegetariana”! ok, posso pure concederlo, ma Carlisle chirurgo?  Come mettere un alcolizzato a vendere liquori.

 Non voglio mettere in dubbio le conoscenze letterarie della Mayer, magari ha scelto di ignorare la tradizione per dare un tocco di originalità… si, ma le creature della notte che brillano??? Perché? Che senso ha?
Dopo aver ignorato le basi più elementari dei racconti sui vampiri, oltre che andandosene per la tangente con i lupi mannari (si possono trasformare quando vogliono? E la questione della luna piena? La perdita di controllo del lupo ogni volta che si trasforma?) rendendoli creature destinate a debellare dal mondo i vampiri (eh?), ha deciso di richiamarsi ad un altro tipo di tradizione letteraria: Austen, Shakespeare di Romeo e Giulietta, e la Bronte di Cime Tempestose (uno per ciascuno dei tre libri, per il quarto, credo che pure lei si sia resa conto dell’insensatezza dilagante nella trama). Purtroppo, sono tre dei miei autori preferiti, tre delle mie opere preferite…usate nel peggiore dei modi possibili. Prendiamo ad esempio New Moon: Edward lascia Bella perché teme che per lei sia troppo pericolosa la loro relazione. Bella, da “vera donna” cosa fa? Passa tutto il tempo in depressione, un’ameba , un essere inanimato che preferisce rischiare la vita semplicemente per risentire ancora la voce del suo amato non-morto, piuttosto che farsene una ragione. E lei con estrema modestia paragona la propria situazione a quella della famosissima tragedia di Shakespeare “Romeo and Juliet”: Giulietta, a parer mio, ha un bel caratterino; sposa Romeo in segreto, si mette contro il padre per non sposare Paride e cospira con frate Lorenzo per simulare la propria morte. Giulietta è tutto tranne che una depressa maniaco compulsiva. Bella si sente come Elisabeth Bennet davanti a Mr Darcy, non ricordo che Elisabeth abbia mai sbavato sui pantaloni di Fitzwilliam Darcy…

L’amore e la guerra

Harry Potter, lo sappiamo, è la storia di una guerra, la guerra dell’intero popolo magico contro Lord Voldemort: il signore Oscuro. Non una sola guerra, ma due, una combattuta prima della nascita di Harry, e fermata involontariamente da lui, e l’altra ricominciata grazie a lui (non è un richiamo alle due guerre mondiali?) Harry Potter è un romanzo di lotta,ma anche, di amore declinato in tutte le sue forme( da quello materno che protegge Harry dall’anatema che uccide,a quello tra gli amici fidati di sempre, ai compagni, fino all’amore tra uomo e donna) l’amore è il motore della lotta, è la ragione per cui Harry e gli altri membri dell’Ordine della Fenice sono pronti a morire. L’amore è la forza, è ciò che porterà al trionfo di Harry ed alla sconfitta di Voldemort (più volte da Silente accusato di non poter provare questo sentimento). La Rowling ha trovato il giusto tempo e il giusto spazio per raccontare delle vicissitudini amorose di ciascun personaggio ( vogliamo dimenticare Piton?)senza far apparire la trama stucchevole e senza incentrarla solo su questo argomento. Tutti i personaggi sono impegnati in una lotta più importante, una battaglia per il bene superiore, per proteggere i propri cari. Ognuno conosce il proprio dovere, ognuno sa che c’è un prezzo da pagare. Non c’è tempo per le smancerie o le interminabili dichiarazioni di Bella ad Edward e viceversa. Ron ed Hermione ci mettono sette anni per dichiararsi, ma in effetti non si dichiarano nemmeno, non serve: Hermione bacia Ron dopo che lui sottolinea la necessità di liberare gli elfi domestici delle cucine. Harry lascia Ginny perché deve andare in cerca degli Horcrux, ma Ginny non va in depressione come Bella, anzi,  mette su ad Hogwartz un fronte partigiano contro Piton e i mangiamorte che infestano la scuola. Si amano davvero, ma non in maniera morbosa ed assillante. Bella più di una volta nei libri sottolinea il suo malessere nello stare fisicamente lontana da Edward! È amore? È follia! Bella rinuncia alla sua umanità, alla sua famiglia, ai suoi amici e alla sua vita per diventare vampiro, per stare accanto a lui? Si, romanticissimo se il prezzo non fosse la propria vita.
Vogliamo parlare dell’epica battaglia contro i Volturi che la Meyer ha promesso ai lettori fin dalla fine del secondo libro? Dov’è? La Meyer tutte le volte che deve raccontare una scena di guerra o la evita discostando lo sguardo e focalizzandosi (ma guarda un po’) sul travaglio Bella-Edward, o non la racconta perché la voce narrante (sempre la nostra superwoman) è svenuta, si è addormentata o è caduta. La parte più bella dei romanzi di Harry Potter era l’immancabile battaglia finale, battaglie che in un climax ascendente diventano anno dopo anno sempre più travolgenti, potenti ed importanti. Mentre leggevo dell’ultimo scontro tra Harry e Voldemort, ricordo che mi tremavano le mani per quanto la Rowling avesse tenuto altissima la tensione della scena:  solo loro due, bacchette puntate che camminano in cerchio, aspettando il momento opportuno per colpire. Una cosa del genere la Meyer se la sogna.

Tutto è bene quel che finisce bene…

 Qual è la prima cosa da fare quando si sta scrivendo una saga? Costruire la storia e darsi un inizio uno sviluppo ed una fine, e poi, scrivere il primo libro. In una sua intervista la Meyer diceva candidamente al giornalista di “non avere minimamente idea di come potesse finire il suo romanzo” e, a giudicare dalla qualità di Breaking Down, penso che fosse assolutamente sincera. Il Quarto libro della saga di Twilight ci regala subito: una gravidanza inspiegabile umana-vampiro, un lupo mannaro innamorato Follemente di Bella che ha l’imprinting con la figlia mezza-vampiressa-appena-nata di lei e del suo acerrimo nemico, il vampiro Edward, che altro? Ah, si la trasformazione di Bella in vampiro; trasformazione che al contrario delle più tetre premesse si rivela facile come cambiarsi le mutande, e l’assenza totale dell’epico scontro che tutti aspettavano. Quattro libri, uno più inspiegabile dell’altro con quelle quarantamila storie lasciate in sospeso e mai giustificate tanto che una volta letta l’ultima parola dell’ultima pagina dell’ultimo libro, tutto ciò che ti viene in mente è una sonora e lunga parolaccia rivolta all’autrice, all’editore, al tuo libraio, ma, soprattutto a te stesso che hai deciso di continuare a leggere questo abominio “fin proprio alla fine”.
J.K.Rowling ci ha messo cinque anni per scrivere il primo libro, ha delineato gli sviluppi della storia fin dalla prima pagina, e ha guidato i lettori passo passo, scoprendo di volta in volta nuovi particolari. I libri crescono con il lettore, diventando sempre più complessi man mano che Harry e noi cresciamo. La Rowling guida i propri lettori come Silente guida il suo pupillo, e , alla fine, quando tutto è finito, devi rileggerti tutto l’ultimo capitolo perché con i lacrimoni che ti sono venuti giù, hai capito si e no due parole.

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4/ 5
Oleh

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