sabato, settembre 13, 2014

Risposta alla cronaca

E' capitato di imbattermi pochissimi giorni addietro, in un articolo di quelli in cui non ti accorgi neppure di essere arrivato al fondo, tanto ti ha preso. Se non poi tentare di scrollare verso il basso, per vedere se continua. Perché deve continuare! Non può finire. Non è giusto.
L'autrice è Diletta. Il pezzo è "Cronoca di  una fuga oltre i confini" e ha trovato spazio su questa stessa rivista. Per poter dare un’occhiata alle sue potenti parole potete fare un salto qui.

Lo avete letto? Sicuri? Lo dico per voi. Non mi assumo alcuna responsabilità se poi non capite di cosa sto blaterando. Bene, allora posso andare avanti. Ok, va bene, per i ritardatari o per chi avessi convinto solo in questo momento ripropongo il rapido "clic qui".

In questa foto sfocata evocata con la sua selvaggia saggezza, in questa notte in cui mi ritrovo a sfiorare i tasti, devo ammette che mi ci sento proprio dentro. Mi ci vedo assolutamente dentro, dalle scarpe al cappello (Per la cronaca, non sono solito portare cappelli). Spinto quindi dalla necessità di riscuotere risposte, parto e seguo, come una preziosa mappa in pergamena, le indicazioni citate da Diletta. (Per la cronaca-bis, a meno che non faccia proprio freddo. Il cappello intendo).
A Bologna ho la fortuna di incrociare Martino e il vecchio Alex (Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo) sulla vespa special. Martino. Sì, lui mi urla del cerchio che ci hanno disegnato, di saltare fuori e di un fottuto gelato alla frutta con le amarene sopra. Il vecchio Alex invece è stranamente tranquillo, forse di contro riflesso. Come direbbe lui "Avrebbe potuto essere un altro, in un posto diverso, e invece era proprio lì, appollaiato dietro Martino che spronava la vespa a manetta per le strade dei colli, in una mattina pallida e fredda, col mal di testa cyberpunk per le troppe chiacchiere e stronzate e angosce e birre che avevano cullato quella strana notte da cani giovani". Bhe, lui mi dice della musica, del cinema, della nostra Aidi, della chitarra violino tromba, della. Ecco, tutta questa faccenda come chiave per andare, per uscire.
Depp (Neverland) invece, nel vedermi, esordisce gettandomi addosso un po' di polvere. Al mio indugiare incerto ci tiene a precisare che mai avrei potuto rivenderla e tantomeno sniffarla. Ma intanto mi parla di stelle, una seconda a destra mi pare, ma sicuramente mi mostra cosa farne dei desideri.
A Kerouac ho domandato e ridomandato. Ma a stento riesco a ripetere, non per altro, ma perché in realtà non sono in grado di fermarlo. Continua a scivolarmi tra le dita. "Io dormii e mi svegliai al suono indiavolato ed esultante della musica, con Dean e Marylou che parlavano e la vasta distesa verde della terra che scorreva ai lati" ( Jack Kerouac, Sulla strada).
E' con Cristopher di Into the Wild, che poco dopo mi trattengo. Mi racconta del suo andare, di ciò che ha lasciato, ma soprattutto dei colori che ha conosciuto. Diletta ben ci dice della sua concretezza. Se il limite lo si potesse mangiare, è da lui che andrei a farmelo cucinare. Poi però mi stupisce. Mi ferma, mi prende a due mani per il colletto della camicia e guardandomi dritto negli occhi mi scongiura di leggere le ultime pagine del suo diario. Lo farò. Lo faccio sempre.
E da ultimo sono con il signor Burbank. Non so perché, ma non riesco a dargli del tu in questo momento. A dir la verità non riesco neanche troppo a parlare, però osservo. (Sì, è vero. Parlo nuovamente di The Truman Show e chiedo quindi perdono a tutta la schiera del fun club stai-tranquillo-a-chi-vuoi-che-importi). Lo vedo lottare con le onde, con la sua paura. In questo momento neanche se urlassi mi potrebbe sentire. Ma è una lotta sana, avrà fine, io già lo so, quindi mi quieto e prendo appunti sul coraggio.

Non ho ancora avuto tempo per riguardare la foto, per vedere se sia meno sfocata, se qualcuno poi non l'abbia addirittura stracciata. Mi siedo in terra, sento il vento che mi viene a trovare e insieme ascoltiamo questa ...


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Oleh