martedì, agosto 12, 2014

Guccini vs De Luca #1


In questa estate che fatico a chiamare tale, a cui fatico non poco ad assegnare l'otto di questi cambi di luna che abbiamo trasformato in mesi, mi è capitato tra le mani il libro di uno dei miei cantautori preferiti: Dizionario delle cose perdute, Francesco Guccini, edito per la collana Libellule di Mondadori. Più mi addentravo nella lettura, più non potevo fare a meno di notare come la costruzione della raccolta di immagini perdute mi riportasse alla mente un altro insieme di pensieri, spunti e visioni. Mi riferisco al libro di Erri De Luca, Alzaia edito da Feltrinelli. Ho cominciato allora a immaginare un confronto tra i due autori, diversissimi tra loro, ma entrambi narratori ineguagliati dei nostri tempi. Ho subito scartato l'ipotesi di una partita a tennis, non me li vedo proprio in calzoncini e racchetta in mano. Allora ho optato per un confronto a carte, seduti comodi a scrutarsi negli occhi. In questo mese di agosto - per chi vorrà - si potrà assistere ad un confronto tra i due,  misurato in questi due libri e finzionato in questo improbabile scontro alle carte. 
Erri De Luca ha appena trascorso una giornata ad arrampicare, ha ascoltato le storie di un paio di bracconieri e ora si trova al bancone di un piccolo bar di montagna, mentre in testa gli frullano nuovi versi su un fiore, un'ape e il suo miele. Francesco Guccini invece si è svegliato tardi e nel pomeriggio ha preso parte a una seduta di lingue, con i vecchi del paese, per portare a termine il dizionario pavanese-italiano. Anche lui si trova ora allo stesso bar di montagna, ma la bottiglia di rosso davanti ai suoi occhi, vuota, ci lascia intuire che sia li dentro da più tempo. La sua mente invece ripercorre una ballata di Dylan, che apre gli orizzonti per un nuovo racconto, forse per una nuova canzone.
Con un solo sguardo di intesa, prendono posto allo stesso tavolo, uno dei due ha le carte in mano. Francesco è leggermente appesantito dal vino, ma non ne fa cenno. Erri allora da le carte (Alzaia, p. 25) con un sorriso sincero, ricordandoci come il cattivo sangue nel gioco e nella vita ci faccia correre sempre un passo dietro i nostri avversari.
Il primo scambio di colpi mi piace pensare che sia sulla parola Cinema (Alzaia, p. 26; Dizionario p.124). Erri esordisce così: "E' stato il più bel regalo del Novecento ai suoi coinquilini". Si concentra sulle pellicole, su quelle che lo hanno spinto a comprare un biglietto singolo, su quelle che ne hanno inspirato le sue idee sociali, politiche. Conclude con questa frase: " Non credo che il cinema cambi il mondo, però ne registra in tempo i mutamenti".
Francesco, affatto impreparato risponde con la sua mano. Lui racconta di cosa voleva dire andare al cinema anni addietro. Ci parla della "pioggia" che pareva venir giù nei cinema "di terza" e del fumo, come di un qualcosa legato a doppia mandata al prezzo del biglietto. Ci dice poi dell'assoluta anarchia dell'ora dell'ingresso e della conquista del posto. Tanto che ad un certo punto pronuncia questa frase: "Certo, oggi è più comodo, hai il posto sicuro, l' aria è più salubre, la sala è più pulita. Manca però quel senso di Selvaggio West che c'era nei cinema di una volta".

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