venerdì, ottobre 24, 2014

Baudelaire: il signore della Decadenza

“E' il Diavolo a tirare i nostri fili!
Dai più schifosi oggetti siamo attratti;
e ogni giorno nell'Inferno ci addentriamo d'un passo,
tranquilli attraversando miasmi e buio.” (da Al lettore)

E' la Decadenza che attraversa il tempo in cui vive Charles Baudelaire, quel senso di impotenza nei confronti di ciò che accade all'esterno, nel mondo, nella società in cui si vive, che corre frenetica verso il progresso. E' quell'angoscia che l'uomo avverte dentro di sé, o quel demone che mangia la sua anima, è il senso di pessimismo nei confronti di una civiltà sviluppata, è l'impossibilità di reagire a tutto questo.
Quella Noia (Spleen) che lentamente consuma il mondo, lo soffoca, fino a far dimenticare perché l'uomo sia uomo, perché il poeta sia poeta. Baudelaire vive in un'epoca, la seconda metà dell'Ottocento, in cui l'artista ha perso la sua identità e il suo ruolo all'interno della società, e si sente simile a un pagliaccio, a una ballerina, o a una prostituta; è un albatro che vola alto nel cielo ma è “esule in terra fra gli scherni”, non può planare sul mondo perché questo ride di lui, lo dipinge di ridicolo, lo emargina.
Sperimenta gli abissi del male da cui vorrebbe risalire ma non può.
“Com'è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
E' comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!

Il Poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l'uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, impediscono
che cammini le sue ali da gigante.” (da L'albatro)

Tutto questo è presente nella sua più grande raccolta Les fleurs du mal (1857), dove Spleen e Ideale sono in perenne tensione, in una lotta che non concilia più ciò che è ideale da ciò che è reale e inesorabilmente lascia che si cadi nel tedio dell'esistenza.
Baudelaire vede se stesso come un poeta anonimo, un poeta che ha perduto la sua aureola (poemetto Perdita d'Aureola) ma ne è felice: è la consapevolezza di tale perdita che determina la modernità e la qualità della poesia.
In un susseguirsi di prosa e poesia, di comico e sublime, Charles Baudelaire crea l'arte della dissonanza, un processo nuovo e moderno. Lui che è il padre della poesia definita tale.

Tuttavia la specificità della poesia stessa fu ricercata non sono nel linguaggio ma anche nel campo più vasto e comprensivo dell'immaginazione.
“Solo l'immaginazione”, egli scrisse, “contiene la poesia.”
Solo l'immaginazione del poeta può infatti ordinare la natura, può riunire in un'unica armoniosa percezione intellettuale quell'universo che i nostri sensi percepiscono come incoerente e contraddittorio.
“Io voglio illuminare le cose con il mio spirito e proiettarne il riflesso sugli altri spiriti.” Baudelaire è colui che traduce i “simboli” del mondo e “le corrispondenze” della natura, i sottili misteriosi legami attraverso i quali “i profumi, i colori e i suoni si rispondono”. (da Corrispondenze)

Così Modernità e Decadenza si stringono la mano. Così Charles Baudelaire rende viva la realtà in cui l'uomo è perso.
“Senza tamburi, senza musica, sfilano funerali
a lungo, lentamente nel mio cuore: Speranza
piange disfatta e Angoscia, dispotica e sinistra,

va a piantarmi sul cranio la sua bandiera nera.” (da Spleen)

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Oleh