venerdì, dicembre 20, 2013

Jeff Buckley, l'angelo triste del rock.

Animo puro ma ribelle, forse incompreso, forse troppo solo, rock ma soul, Jeff Buckley ha pubblicato solo due album, di cui uno postumo, ma ha senza dubbio toccato l'anima di milioni di fan e di amanti della musica, quella vera, nella sua brevissima vita.
Jeff aveva un peso su di se, il nome di suo padre, Tim Buckley, cantautore abbastanza note ai suoi tempi di gloria, che lo aveva abbandonato da piccolo, e che non si era mai preso cura di lui. Quando Jeff, giovane emergente, viene chiamato a cantare durante un concerto in tributo per suo padre, morto per eroina molti anni prima, nel ragazzo inizia un processo e una lotta interiore, magistralmente rappresentata nel film del 2012 Greetings from Tim Buckley. Immaginate di essere un giovane musicista esordiente e che tutti vi paragonino a vostro padre, che non si è mai interessato a voi, e che a mala pena avete conosciuto.
Ma quella sera comunque Jeff salì su quel palco, cantò le canzoni di suo padre, e qualcosa gli diede una spinta verso questa carriera. Jeff era un chitarrista eccellente, che si districava tra alternative rock, folk, e un pizzico di soul. 
La sua voce lieve ma sofferta, e quegli occhi sempre tristi facevano il resto. Jeff stava diventando un nome molto noto nella musica, teneva concerti ovunque, arrivò persino in Asia, e aveva davanti a se una carriera piena di opportunità. Molti artisti hanno poi seguito le sue influenze musicali, come i Coldplay, Ryan Adams e Damien Rice. Jeff pescava invece influenze da tutto ciò che ascoltava, non aveva limiti musicali, un giorno ascoltava i Lez Zeppelin e il giorno successivo Édith Piaf, passava da Bob Dylan a Nina Simone.
Jeff sul palco era un dio per tutti quelli che lo ascoltavano e lo vedevano, tra i suoi brani di cui era anche autore e le tante cover degli artisti che lo ispiravano. Era però sempre circondato da quell'aria malinconica e quasi assente, che attirava sempre più il pubblico a cercare di scoprire chi fosse realmente Jess.
Ma la sua espressione era la sua musica, così intima, così personale, quello era il suo vero io.
Grace
Jeff è ricordato dal grande pubblico per una canzone in particolare, la sua versione del classico di Leonard Cohen "Hallelujah". Di solito essere famosi per una cover non renderebbe giustizia ad un artista come Jeff, ma la sua versione di questo brano è talmente carica di dolcezza, di malinconia, di intimità, di personalità, da diventare quasi un suo brano, e infatti la sua resta la cover più nota di questo brano. Jeff è riuscito nell'intento di rendere personale qualcosa scritto da altri, e ascoltando la sua voce sulle note di questa canzone bellissima capirete chi è Jeff e cosa c'era nel suo animo, puro e ribelle.
Grace fu l'unico studio album pubblicato in vita da Jeff, e vede tra i produttori Andy Wallace, che aveva già lavorato con grandi nomi come Paul McCartney, Aerosmith, Guns N' Roses e Nirvana.
Devo ammettere di aver conosciuto anche io Jeff con Hallelujah, che ormai è uno dei pezzi più importanti del rock anni '90, ma l'ascolto di Grace è stato davvero illuminante sulle capacità di Jeff. Un album così intenso, che mi ha rilassato e rattristato allo stesso tempo, ma mi ha fatto sentire più ricco alla fine. Mi sono innamorato di pezzi come Mojo Pin, Lilac Wine e Lover, You Should've Come Over mi hanno fatto innamorare al primo ascolto.

Sketches for My Sweetheart the Drunk
Il secondo studio album, Sketches for My Sweetheart the Drunk, ha visto la luce nel 1998, un anno dopo la morte di Jeff, annegato il 29 maggio 1997 nel Wolf River. Il triste rocker lasciò un vuoto immenso sulle scene musicali e nel pubblico che stava imparando a conoscerlo. L'album è una raccolta di demo e di tracce realizzate in studio per il suo secondo lavoro discografico. Everybody Here Wants You è probabilmente una delle canzoni più belle di Jeff, ed è stata realizzata postuma come singolo dall'album. Il brano racchiude il vecchio malinconico Jeff con sonorità più moderne, più anni '90, quel rock misto a pop delle band di fine decennio, davvero un piccolo capolavoro.
Jeff sul palco univa la sua voce angelica ad una sensualità che il suo corpo traspirava, involontariamente, e che lo rendeva ipnotizzante. Purtroppo il destino lo ha strappato troppo presto dalla sua vita e dalla sua musica. Jeff è diventato una icona pop-rock, ma avrebbe potuto diventare leggenda con la sua musica se fosse sopravvissuto a quel tragico incidente.
La voce di Buckley mi ha colpito, è una sensazione talmente personale che non riesco a spiegarla, mi sembra poi di riuscire a leggere le sue emozioni e sensazioni dai suoi grandi occhi tristi, e mi dispiace di aver conosciuto la sua musica troppo tardi. 
Jeff mi ricorda molto Kurt Cobain, la mia mente continua ad associare queste due malinconiche e tragiche storie del rock anni '90.
Uno strano scherzo del destino, quello che a volte toglie la vita a questi tristi geni della musica.

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4/ 5
Oleh