E' la quotidianità che spesso
soffoca l'uomo, lo intrappola senza una via d'uscita.
Ne “Le fuggitive”, Annamaria
Colomba e Mariapia Autorino, interpretano magnificamente due donne
ormai stanche della loro vita, decise a fuggire per vivere, per dare
una nuova speranza ad una piatta esistenza.
L'una è verso “Altrove”,
l'altra è “Ovunque”, ciò che importa è
l'essere libere dal passato e dalle responsabilità.
Margot, una madre di famiglia, ignorata
dal marito e maltrattata dalla figlia diciottenne; Claude, una donna
ancora piena di vita chiusa in una casa di riposo dal suo stesso
figlio.
Due scorci sulla realtà, due
visioni vicine a molte donne, a molte di noi.
Questo spettacolo intriga per la sua
attualità, per il suo immedesimarsi in aspetti veri e
concreti, ma con una punta d'ironia che nasconde, sotto ad una
risata, la triste verità.
Le troviamo su una strada, con le loro
valigie e i loro sogni stretti nelle mani, impaurite dal nulla eppure
pronte a non tornare mai più.
Il loro incontro è decisivo per
far nascere un'amicizia pungente ma forte e per cominciare
un'avventura alla ricerca di qualcosa di “nuovo e diverso”.
La scenografia e i costumi sono
surreali, le due attrici indossano abiti ricchi di colori e quasi
ridicoli, il loro trucco ricorda i personaggi di “Alice nel paese
delle meraviglie”.
Proprio questa irrealtà è
usata per sottolineare il disagio provato dalle due donne e l'idea
che possa trattarsi di una favola ricreata nella loro mente solo per
alimentare l'istinto della fuga.
Questo percorso, infatti, potrebbe
anche essere inteso come una semplice divagazione mentale delle due
protagoniste, soffocate dalla loro realtà.
Lentamente, quindi, da quella strada,
passando per la fattoria e poi per la tomba dell'amica di Claude,
emergono le difficoltà che le due incontrano nella vita di
tutti i giorni e i problemi così ancorati alla loro anima.
Claude cerca la libertà,
quell'indipendenza che ha caratterizzato la sua vita e le sue
avventure, Margot, invece, desidera la novità e la speranza di
non dover rimanere in silenzio e in disparte, legata ad un matrimonio
ormai finito.
Significativa è la scena in cui
Claude svuota la valigia di Margot, liberandola dal passato e dal
peso che la opprime.
Costrette a rubare per poter
sopravvivere, vengono catturate ed imprigionate. Claude parla con il
marito di Margot e Margot col figlio di Claude.
Un intreccio necessario grazie al quale
le due tagliano indirettamente le catene dell'altra che le rendono
veramente prigioniere.
Anche se, in realtà, la fuga per
la libertà è conclusa.
Dopo tempo, rivediamo Claude rinchiusa
nuovamente nell'odiata casa di riposo, risistemata lì da un
figlio che non ha compreso veramente le sue esigenze, troppo legato
alla sottana di sua moglie per poter reagire.
Fortunatamente però il destino o
meglio Margot prende in mano la sua vita, incoraggiandola a seguirla
in un nuovo viaggio.
Così come prima era stata Claude
a svincolare l'amica, la situazione viene ribaltata.
Il lieto fine è quasi d'obbligo,
il senso di libertà che ne traspare è catartico.
L'ultimo spettacolo della Rassegna
Bravòff ci insegna a svincolarci dai ruoli prestabiliti, quei
ruoli che ci siamo “cuciti addosso come abili sarti”.
Ci dona il sorriso, ma ci apre il cuore
al senso della vita e al gioco che rappresenta.
E' un modo per esortarci a riportare
nella nostra abitudine lo straordinario, eliminando l'ordinario.
Recidendo il monotono.
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Rassegna Bravòff: Le fuggitive.
4/
5
Oleh
Ilaria Amoruso