E niente, a un certo punto ha cominciato a piovere. Grosse gocce
d’acqua hanno preso il sopravvento sullo sfondo di tutto il guardare. Erano
così grosse che potevi seguire le traiettorie, distanti le une dalle altre
almeno una spanna. Si sentivano le grida di discesa, il loro infrangersi al
contatto, il loro perdersi per diventare altro. Non c’era goccia che non
finisse inutile, frantumata a terra. Tutte veloci a scendere, tutte veloci a
crepare. Tutte. Tutte tranne una. Una che si ferma e senza dire niente a
nessuno, inverte il senso del suo andare, ricomincia a salire fuggendo la sua
sorte.
Questa
goccia, in realtà, è qualcosa di più grosso. Anzi a dirla tutta è proprio
smisurata, composta da enormi pensieri, da vite numerose. Questa goccia, in un
momento ben preciso, smette di infrangersi contro la foga innarrestabile del
suolo, che in questo caso è il ripetuto accerchiamento delle forze di regime, e
scappa. Sente che il prossimo battito d’ali potrà essere l’ultimo e allora,
forte della pressione della disperazione, quasi con le stesse probabilità con
cui è condannata una goccia a risalire il suo corso, spezza l’assedio di
quattrocento mila uomini armati già della loro vittoria e con un diversivo,
prima si fa strada tra le linee nemiche, riesce a tracciare una via e infine
comincia a fuggire. Un lungo serpentone, lungo decine di migliaia di persone,
abbandona la regione dello Jiangxi, basata a sud est della Cina e cavalca
l’intero paese per più di un anno, da sud a nord, percorrendo qualcosa come
dodicimila chilometri e consegnando alle proprie membra un nord in parte
stuprato e perduto. E’ una fuga per scappare al nemico, per incontrarne un
altro al confine violato, ma è soprattutto una fuga per trovare, nel bene e nel
male, un senso alla loro esistenza.
Mi perdonerete se dico dei luoghi, incastrati
nel tempo, ma non delle persone. Questo mio atteggiamento prudente, spero
permetta di lasciare scivolare le idee comuni, i giudizi preconfezionati, di
rompere il guscio insomma e poter arrivare al midollo. Spero infatti di aver
scelto le pennellate giuste per mostrare ciò che vedo: una pianura sterminata
dove l’occhio si arrende, un terrificante scorrere d’acqua perpetuo, monti che
si perdono in cielo, sentieri appena accennati, senza una fine. In tutte
le forme che si possano pensare, è avere l’elemento che ne imprime il senso
sempre alle proprie spalle, più o meno distante, più o meno minaccioso, più o
meno incalzante, ma sempre dietro di noi che ci sprona, ci frusta, ci obbliga a
guardare avanti. Ed è questo che permette di dare alla fuga una prospettiva
ampia, proiettata verso il domani, un orizzonte sterminato privo di barriere,
un respiro non compresso, carico di pericoli incoscienti. E’ tornare a
respirare, è ricordarsi della vita. Ma è solo un momento, poi diventa altro.
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Alla lunga
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Oleh
Unknown