martedì, gennaio 30, 2018

Castelli di Puglia (I): Acaya: una città-castello inespugnabile

credits immagine: pietraleccese.net
Acaya è una piccola frazione del comune di Vernole (Lecce), di soli 450 abitanti, che rappresenta uno dei rari esempi di città fortificate del XVI secolo.
É al vertice settentrionale di un quadrilatero di vie composto anche dai castelli di Strudà ad ovest, Vanze ad est ed Acquarica a sud: tutti di origine medievale, ma tutti privi di mura fortificate, tranne rudimentali ostacoli come fossi, o muretti a secco di una certa altezza. Poi furono innalzate le torri costriere; e nella loro catena ininterrotta la distanza non doveva tanta da impedire la vista di una dall'altra. E in uno dei punti i cui gli ingegneri non avevano altra soluzione, ecco sorgere Acaya, un punto strategico, con un controllo del territorio talmente funzionale che nella zona i Turchi si guardarono bene dal rischiare un attacco che li lasciasse intrappolati nel reticolo della difesa.
Acaya rappresenta però anche altro. Grazie a Gian Giacomo, il più grande rappresentante della stirpe francese degli Acaya, regio ingegnere militare di Carlo V, fu il primo centro nel Meridione (e uno dei primi in Italia) ad essere edificato seguendo lo schema rinascimentale della città ideale.
E così appunto nel 1535 assunse il nome di Acaya, quando Gian Giacomo fortificò il centro costruendovi la cinta muraria e il fossato, e aggiunse bastioni e baluardi al castello fatto edificare nel 1506 dal padre Alfonso dell'Acaya.

credits immagine: pietraleccese.net
Abbandonati gli usuali riferimenti simbolico-religiosi, quali la chiesa e il campanile attorno ai quali si edificava tutto il resto, Gian Giacomo introdusse il criterio di una città dalle funzioni talmente precise da influenzarne la collocazione a la forma. Potremmo definirlo un ideale umanistico, una città laica nella quale le attività e le funzioni dell'uomo vengono poste al centro, e di conseguenza tutto viene costruito in base alle sue esigenze.
Di pianta trapezoidale, con i lati di circa 40 metri, dispone ai due spigoli opposti di due torrioni rotondi, alti quanto le cortine ed ornati da archetti e beccatelli, la cui forte sporgenza fungeva da ottimo sistema di difesa. L'angolo di sud-est presenta un imponente baluardo dallo spigolo molto appuntito rivolto verso il mare. E tutt'attorno correva un doppio ordine di casematte, uno rivolto verso il fossato, l'altro verso la campagna.
Alla gente del posto piace pensare che nelle rovine del castello vaghi ancora lo spirito di Gian Giacomo, che nonostante abbia costruito fortezze con maestria in tutto il sud, da Napoli (fortezza Sant'Elmo) a Crotone (mura della città), a Lecce (ospedale dello Spirito Santo), amava talmente tanto Acaya da indebitarsi per farla sempre più bella, fin quando, ormai malato ed anziano, il real commissario lo arrestò e lo rinchiuse nel castello di Lecce, dove il barone sopravvisse pochi giorni.
Da qui la discesa della stessa Acaya, e il suo castello, che per due secoli nessuno aveva osato sfidare, cadde nelle mani di pirati turchi che ne fecero scempio nel1714.
Forse però l'affronto peggiore per la città laica fu fatto da chi sistemò la statua di sant'Oronzo sulla porta d'ingresso.
credits immagine: pietraleccese.net
Una fortezza inespugnabile, che però non ha preservato nei secoli il suo aspetto, oggi «così mal ridotto e trascurato da non stonare affatto con la terra avara che lo circonda», come osserva lo storico locale Silvano Palamà, nonostante, aggiunge lo stesso storico, Acaya e il castello «creano una suggestione tutta loro, una strana magia nella quale si fondono tutti insieme gli alteri signori e il sudore dei contadini, le feste e le urla di quella terra che chiedeva molto e dava sempre poco».

Condividi

articoli simili

Castelli di Puglia (I): Acaya: una città-castello inespugnabile
4/ 5
Oleh