Mi è capitato
spesso di leggere su vecchie antologie musicali, che questo album non fu accolto
con onori e allori neppure dallo zoccolo duro dei sui fan. Al primo ascolto non
fu capito, forse neppure al secondo. Fu piuttosto un buon pugno nello stomaco
ai più. A chi aspettava con ansia un inno alla protesta e alla contestazione di
quegli anni, com'era di moda tra i cantautori impegnati, dovette dichiararsi
sorpreso. Si ritrovò davanti infatti alle vicende di un Cristo, mai stato così
terreno, così vivo. Fabrizio De Andrè spesso rispondeva che sì, lui era
convinto di cavalcare la protesta, in fondo, diceva, io canto del più grande
rivoluzionario di tutti i tempi. Con le sue parole:
Eravamo in piena rivolta studentesca; i miei amici, i miei compagni, i miei coetanei hanno pensato che quello fosse un disco anacronistico. Mi dicevano: cosa stai a raccontare della predicazione di Cristo, che noi stiamo sbattendoci perché non ci buttino il libretto nelle gambe con scritto sopra sedici; noi facciamo a botte per cercare di difenderci dall'autoritarismo del potere, dagli abusi, dai soprusi.Non avevano capito - almeno la parte meno attenta di loro, la maggioranza - che La buona novella è un'allegoria.Paragonavo le istanze migliori e più ragionevoli del movimento sessantottino, cui io stesso ho partecipato, con quelle, molto più vaste spiritualmente, di un uomo di 1968 anni prima, che proprio per contrastare gli abusi del potere, i soprusi dell'autorità si era fatto inchiodare su una croce, in nome di una fratellanza e di un egualitarismo universali.
Credo che oggi - ritritando la
banalità dell’espressione – questo album sia di un’attualità sconvolgente.
Negli ultimi tempi, mi sono abituato infatti a leggere di Dio, o a sentirne
discutere, sempre con il prefisso negativo. I termini che più gli si
accompagnano sono la paura, la falsa giustificazione e spesso
anche l'Odio. Sì, l'odio come presentazione, come anticamera.
Per ribaltare la situazione faccio
alla Faber, appunto! In questi stessi giorni ascolto infatti, in un loop
degenerativo, l’album di Fabrizio De Andrè La buona Novella. Il concept, come
lo chiameremmo oggi, fu pubblicato nel 1970, dopo un lungo lavoro preparatorio.
Lo studio fu guidato dall'analisi dei vangeli apocrifi, dagli scritti storici
sulla figura del Nazareno, ma non solo. Per un lungo periodo infatti, laddove
De Andrè faticava a trovare fonti scritte, le cercò sui muri affrescati. Si concesse un excursus nelle chiese che, a sua conoscenza, potevano
raccontare qualcosa dalle pareti trasudanti medioevo e, quindi, tradizione
popolare.
Da tutto questo nasce La buona
novella, composto da: l'infanzia di Maria, Il ritorno di Giuseppe, Il
sogno di Maria, Ave Maria , Maria nella bottega d'un falegname,
Via della Croce, Tre madri e Il testamento di Tito. Il tutto
introdotto e concluso dal laudate che ci introduce le vicende di Cristo
con la lode il signore e termina con la stessa lode indirizzata però al figlio
dell'uomo.
Molto è già stato scritto e detto su
questo album quindi ho optato per un piccolo esperimento di linguistica(1). Lo
so, è atroce ciò che sto per fare: è un po’ come se, animato da poteri
ultraterreni, togliessi, non solo la passione, ma anche il piacere stesso nel
fare l'amore. E' come se fosse una musica senza melodia e senza poesia. Un puro
atto meccanico, senza pretese. Vedo già il tuo naso che si storce, ma concedimi
qualche istante, vediamo assieme cosa ne esce fuori.
E’ interessante notare come, in un
intero album dedicato a Gesù Nazareno, il suo nome non non compaia mai. E’
sotteso in tutti i pezzi, la sua luce illumina tutti gli angoli possibili, ma
non viene mai citato. E' come sentire l’odore dei ravioli fatti in casa la
domenica mattina, ma non riuscire mai neppure a vederli. Rimane sullo sfondo,
anzi è lui stesso lo sfondo.
La vera protagonista è infatti Maria.
Se sommiamo la frequenza con cui i termini Maria e Madre appaiono nei testi,
totaliziamo la bellezza di ventuno ricorrenze. Maria rappresenta una sorta di
guida per tutto il percorso che il cantautore ci propone. E' il nostro Virgilio
nell'ascolto dell'album.
Le parole che hanno la maggior
probabilità di trovarsi nelle vicinanze(2) del termine Maria (e che quindi
colorano la sua figura) sono Ave (8,41) e (7,08)(3). Questo
binomio ci permette di analizzare la sua natura duplice: la prima terrena, di
donna e madre, la seconda divina. Viene invocata, pregata perché possa
intercedere per noi. Come madre, Maria è prima di tutto una madre normale,
umana al cento per cento, carica di debolezze e con la voglia di protezione di
tipica di una qualsiasi madre. Troviamo in aggiunta altri due termini che ne
caratterizzano la figura: muore(7,63) e piange(8,37), a presagire
quale sarà il suo ruolo nella narrazione storica.
Di uguale interesse è anche il
discorso attorno alla parola figlio. Compare nei testi delle canzoni ben
diciassette volte, facendone uno dei termini più ricorrenti. Le quattro parole
che statisticamente è più facile trovare nelle vicinanze di questo termine
sono: voglio, posso, pensarti, avrei (8,28). Sono termini terreni: pensare al
figlio, avere un figlio, volere un figlio, poter avere un figlio/ poter essere
un [buon] figlio. Il figlio in questione, Gesù, è prima di tutto figlio di una
donna terrena, è figlio di Maria appunto. Un figlio fatto di carne e pronto a
patire le sofferenze umane,(Sangue 6,28 e Cuore 5,7). Si ripropone qui il
concetto che ci permette di osservare il soggetto del racconto, Gesù appunto,
attraverso gli occhi di sua madre. Per avvicinarlo al termine Dio, dobbiamo
scendere nel range statistico, di almeno un gradino. Lo troviamo infatti con
una statistica di 6,14.
Passando al termine Dio, (che rimane
comunque il lemma più volte ripetuto nel testo) è assolutamente chiaro che
siamo di fronte a una figura che viene chiamata (8,49), invocata, pensata
(6,91), ma non solo. A prevalere sembra infatti essere una sfumatura quasi al
di fuori dalla concezione del Dio del nuovo testamento. E' un temuto(7,91),
lodato(7,50), che uccide (7,49) ; non c'è traccia del perdono, tipico del
messaggio cristiano tout cour.
Dopo questo piccolo esperimento non mi
resta che liberarti e visto che sei arrivato fino in fondo ti propongo
l'ascolto di uno dei pezzi dell'album. Si tratta de Il ritorno di Giuseppe. Il
falegname rientrata a casa dopo una lunga assenza e ad aspettarlo c'è Maria,
gravida di paure e di un figlio.
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(1) L'analisi è stata condotta con l'utilizzo di un software OS AntConc disponibile su http://www.laurenceanthony.net/software.html
(2) Con questa espressione ho sintetizzato ciò che i linguisti definiscono in molti modi, ognuno con delle tecniche di lavoro ben argomentate. Io mi sono limitato ad analizzare le parole che si trovano a sinistra e a destra del lemma in analisi, assumendo come range le cinque o le sei distanze, tenendo in considerazione il numero di volte che il termine rientra nel radar di analisi e la sua vicinanza con altri termini.
(2) Con questa espressione ho sintetizzato ciò che i linguisti definiscono in molti modi, ognuno con delle tecniche di lavoro ben argomentate. Io mi sono limitato ad analizzare le parole che si trovano a sinistra e a destra del lemma in analisi, assumendo come range le cinque o le sei distanze, tenendo in considerazione il numero di volte che il termine rientra nel radar di analisi e la sua vicinanza con altri termini.
(3) I numeri che si trovano in corrispondenza dei termini segnalano un indice numerico per misurare la grandezza statistica descritta al punto due.
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