Nymphomaniac non è sicuramente
un film per tutti. Che sia la versione integrale o quella censurata
mandata in Italia è un genere diverso e ricco di originali
analogie.
La ninfomania viene affrontata
attraverso il racconto di Joe, capitolo dopo capitolo, che ferita per
strada viene accudita da Seligman, il quale si offre di sentire la
sua storia per poter darle un giudizio e capire se si tratta o no di
una persona crudele. I dialoghi e le parole rendono sicuramente
meglio in inglese (versione che consiglio di vedere) ma ciò
che di più conta sono le immagini e i suoni. La polifonia con
i suoi tre toni di Bach, la pesca e le esche, lo specchio, sono tutti
modi nuovi per poter spiegare attraverso i sensi visivi e uditivi una
forma grave di dipendenza.
Ma è giusto definirla tale? O la
ninfomania è per Joe solo il suo modo di essere e di vivere in
quanto essere umano? Amare più uomini è sbagliato o è
solo la ricerca di un qualcosa di più alto che fa dei tanti
uomini un solo amante? E' follia o una via per sentire?
In Nymphomaniac
vengono ribaltati i punti di vista: una macchia da tè diventa
una Walther PPK, la Chiesa di Roma diventa sofferenza attraverso le icone
della crocifissione, quella Ortodossa è salvezza e gioia. Un
punto di vista diverso che non solo trasforma ciò che si vede
ma modella lo stesso concetto di religione, credenza, maestosità
e misticità.
La ninfomania è
ascesa o declino?
La vita di Joe è
scandita da simboli satanici, esoterici, religiosi. Il trittico del
Diavolo, la visione con l'aurea divina. Joe è protagonista di
un percorso dolorosa che si allontana dalla gioia per arrivare alla
sofferenza, dal piacere all'astinenza, dalla Chiesa dell'est a quella
dell'ovest. I religiosi la chiamerebbero blasfemia ma Joe porta la
sua croce e ricevere le sue frustate prima della crocifissione.
Joe cerca la sua
anima, cerca il suo albero, come le spiegava suo padre. Ogni albero
ha un'anima visibile solo quando è spoglio in inverno, lì
tutte le imperfezioni sono a nudo, tutto è alla luce, alla sua
essenza. Joe si ritrova dopo un lungo cammino, dopo picchi di piacere
e disperazione, amore e odio, scelte difficili e facili. Joe è
l'altra faccia della medaglia della società, capace di
affermare che negare la parola “negro” è nascondere una
realtà, togliere un mattone al muro della democrazia: il
borghese è ipocrita, l'uomo stesso è ipocrita, tutti lo
siamo, questa è la verità dell'universo.
E' spiazzante,
sconcertante, è la voce dell'emarginato, dell'incompreso, ma
alla fine non lo siamo un po' tutti?
Nymphomaniac non è
solo la storia di una “sesso dipendente”, è svelare ciò
che si cela, è riconoscere la sessualità, le sue
pulsioni, affrontare la parità dei sessi, immedesimarsi e
redimersi. E' anche amore: il padre di Joe e Jerome sono le sue
costanti. La prova che una medaglia ha sempre due facce, che il passo
dall'amare all'odiare è breve, che può svanire o essere
trasportato dal delirio. Poi arriva il vuoto esistenziale e la
consapevolezza che la vita è attesa della morte, inevitabile.
Che l'uomo è un essere finito che tenta di colmare un vuoto di
per sé incolmabile.
Tanti capitoli a
scandire varie tappe di una esistenza fatta di scoperte e rinunce.
Nymphomaniac non è solo sesso, è molto di più.
Lars Von Trier è
un'artista.
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