La libertà è
distruttiva. Se non per tutti, lo è per alcuni, e può essere distruttiva anche
soltanto la lotta per arrivarci, perché molti non riescono a raggiungere la
libertà e dopo l’ennesimo fallimento si fermano, lì dove sono, sono stanchi e
spaesati, incominciano a sentire uno strano e lontano dolore in tutto il corpo
e decidono che da quel momento in poi smetteranno di cercare quello che stavano
cercando perché tanto non ce la faranno mai. E questo vuol dire distruggersi
perché si perde tutta la fiducia in sé stessi e alla fine si viene invasi dalla
convinzione di non aver combinato nulla di buono, niente per cui ci si possa
sentire felici e orgogliosi e per cui poter dire un giorno “ce l’ho fatta”. Ma
molti di quelli che si fermano a metà strada non sanno o forse si dimenticano
di esser comunque andati avanti, vedono solo la strada che non hanno fatto, ma
non si girano indietro a vedere tutta quella che hanno già percorso, si
focalizzano sui fallimenti dimenticandosi dei successi.
E poi ci sono quelli che invece non si arrendono mai, può succedere qualsiasi cosa ma sono sicuri che non si fermeranno, anche se hanno sofferto, soffrono e sanno che soffriranno ancora, hanno un coraggio infinito e una forza che solo poche persone hanno.
E poi ci sono quelli che invece non si arrendono mai, può succedere qualsiasi cosa ma sono sicuri che non si fermeranno, anche se hanno sofferto, soffrono e sanno che soffriranno ancora, hanno un coraggio infinito e una forza che solo poche persone hanno.
È questa la
storia dei protagonisti di uno dei più famosi romanzi di Niccolò Ammaniti: Come Dio comanda. Rino e Cristiano sono
padre e figlio con una storia complicata alle spalle e una vita ancor più
difficile da affrontare ogni giorno, una lotta continua per non perdersi, infatti
Rino è costantemente in conflitto con gli assistenti sociali che non gli
permettono l’affidamento del figlio, del suo Cristiano, il bambino che ha
cresciuto e che continua a crescere da ormai quattordici anni. È una storia di
amore e odio la loro, un rapporto irresponsabile e sregolato, così come le loro
vite, sono entrambi scontrosi, violenti e terribilmente soli ed è proprio
questo ciò che rende speciale la loro unione: la presenza di uno è
indispensabile all’altro. Sono molto poveri e si sentono ogni giorno
prigionieri di qualcosa che è troppo grande per loro, li sovrasta facendoli
sentire schiacciati e la loro rabbia verso il mondo cresce sempre di più, l’unico
momento in cui si sentono davvero liberi è quando stanno insieme. Rino, nazista
convinto, odia gli immigrati che gli rubano il lavoro e gli imprenditori che
assumono solo gli stranieri, per colpa loro non ha i soldi per mantenere il
figlio e rischia continuamente di farselo portare via da quegli “infami” degli
assistenti sociali, come li chiama lui.
Cristiano invece odia i bulli e non si accorge di esserlo a volte lui stesso, e cerca di passare inosservato, evita tutti e non vuole avere niente a che fare con i suoi coetanei, sembra ritenerli tutti stupidi e infantili, l’unica cosa che vuole è essere libero, trovare i suoi spazi e rimanerci, senza che nessuno gli dica come comportarsi, il mondo è pieno di gente così e lui lo sa.
Quella di Cristiano e Rino è una continua ricerca di libertà, di fuga verso nuovi luoghi dove nessuno possa giudicarli per i vestiti o per i loro pensieri fintamente stupidi e folli.
Un giorno, un po’ più buio degli altri, Rino arriva alla conclusione che l’unico modo per salvarsi e risolvere tutti i problemi sia fare una rapina, impresa che dovrà coinvolgere anche gli unici due suoi amici, anche loro alla disperata ricerca della felicità. “Disperata” è la parola esatta perché Ammaniti in questa storia analizza con disarmante lucidità e crudezza, come è solito fare, i pensieri di tre uomini e un ragazzino circondati da altri personaggi, tutti in preda alla disperazione, allo sfinimento dovuti a una vita che è stata fin troppo crudele con loro. Può sembrare paradossale, surreale, quasi ridicolo che in un’unica storia siano concentrati così tanti aspetti negativi della vita e della libertà, ma l’autore vuole sottolineare il lato oscuro di noi stessi che spesso ci risucchia, descrivendolo in più modi attraverso vari personaggi, tutti apparentemente diversi fra loro.
Cristiano invece odia i bulli e non si accorge di esserlo a volte lui stesso, e cerca di passare inosservato, evita tutti e non vuole avere niente a che fare con i suoi coetanei, sembra ritenerli tutti stupidi e infantili, l’unica cosa che vuole è essere libero, trovare i suoi spazi e rimanerci, senza che nessuno gli dica come comportarsi, il mondo è pieno di gente così e lui lo sa.
Quella di Cristiano e Rino è una continua ricerca di libertà, di fuga verso nuovi luoghi dove nessuno possa giudicarli per i vestiti o per i loro pensieri fintamente stupidi e folli.
Un giorno, un po’ più buio degli altri, Rino arriva alla conclusione che l’unico modo per salvarsi e risolvere tutti i problemi sia fare una rapina, impresa che dovrà coinvolgere anche gli unici due suoi amici, anche loro alla disperata ricerca della felicità. “Disperata” è la parola esatta perché Ammaniti in questa storia analizza con disarmante lucidità e crudezza, come è solito fare, i pensieri di tre uomini e un ragazzino circondati da altri personaggi, tutti in preda alla disperazione, allo sfinimento dovuti a una vita che è stata fin troppo crudele con loro. Può sembrare paradossale, surreale, quasi ridicolo che in un’unica storia siano concentrati così tanti aspetti negativi della vita e della libertà, ma l’autore vuole sottolineare il lato oscuro di noi stessi che spesso ci risucchia, descrivendolo in più modi attraverso vari personaggi, tutti apparentemente diversi fra loro.
E in questo
mese dedicato alla libertà, ho pensato tanto a come descriverla, a come parlarne
e quindi ho voluto raccontare questa storia pensata da Ammaniti e scritta di
getto, senza inutili illusioni e con una sincerità che ha soltanto chi si sente
davvero libero.
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Come Dio Comanda
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5
Oleh
Diletta L